Mad Heidi (2022)

Articolo a cura di Dani Ironfist

MAD HEIDI (2022)

“Mad Heidi” è una splatter/horror/comedy di produzione svizzera diretta dalla coppia di registi Johannes Hartmann e Sandro Klopfstein che rilegge in chiave exploitation il celebre cartone animato ideato da Isao Takahata e basato sui personaggi della scrittrice svizzera Johanna Spyri.

Realizzato grazie ad un crowdfunding a cui hanno partecipato 538 persone da 19 paesi diversi e con la sceneggiatura scritta da Sandro Klopfstein, Johannes Hartmann, Gregory D. Widmer e Trent Haaga, il film racconta la storia di Heidi che vive sulle alpi svizzere con suo nonno e il suo amato Peter il pastore. Peter intralcia il presidente svizzero e magnate del formaggio Meili, interpretato da Casper Van Dien (Starship Troopers), vendendo il proprio formaggio. Questa cosa che urta profondamente il monopolista Meili che vuole conquistare il mondo con il suo formaggio Ultra Swiss. Come punizione, Peter viene giustiziato dal comandante Knorr davanti agli occhi di Heidi, che viene portata in una prigione femminile a Castel Grande, in Ticino. Grazie alla sua compagna di cella Klara, Heidi cercherà vendetta in una mirabolante sequela di avventure.

Presentato come il primo esempio di film Swissexploitation, “Mad Heidi” è il risultato di un film pieno di tutto tranne che del buon gusto, dove Heidi affronta le forze di una Svizzera distopica mantenuta obbediente dalla propaganda nazista dal formaggio.

“Mad Heidi” è un film divertente ed ultra esagerato che omaggia in molte occasioni il cinema grindhouse degli anni 70, sono molto evidenti anche i richiami a Quentin Tarantino e Robert Rodriguez.

L’idea di prendere un’opera di letteratura per bambini amata e, soprattutto, di pubblico dominio, e trasformarla in un film exploitation non è di certo una novità soprattutto in questo periodo in cui stanno ritornando in auge questo tipo di operazioni, un esempio è il recente “Winnie the Pooh: Sangue e miele”.

Quello che rende “Mad Heidi” così divertente è quanto sia seria la posta in gioco. La lotta per la regolamentazione del formaggio è dura per il popolo svizzero soprattutto per gli intolleranti al lattosio che sono perseguitati. Un attimo di ribellione significa una morte certa e nel peggiore dei modi. Ma il film mostra le sue carte più sanguinose fin dall’inizio, a partire dalla morte esagerata e cruenta di Peter quando la sua testa viene completamente fatta esplodere da un colpo sparato da una balestra a distanza ravvicinata. Dopodiché, dalle scene di tortura in prigione alla marcia di ribellione di Heidi contro i suoi scadenti oppressori, “Mad Heidi” diventa pieno di sangue con persone divise a metà, decapitazioni, persone crivellate di proiettili e il tutto in una quantità eccessiva di sangue schizzato in tutte le direzioni, una quantità eccessiva che ho adorato in ogni momento grossolanamente comico.

Sebbene “Mad Heidi” abbia dei difetti, ci son al suo interno diverse parti davvero positive. La recitazione, per essere un film horror di serie B sullo zombiechees, è stata buona e coinvolgente. Alice Lucy ha interpretato Heidi in modo dolce e minaccioso. Le battute sono forse un po’ eccessive, ma questo non intacca la sua performance. Ha interpretato il ruolo con grande dolcezza e premurosità, soprattutto durante le scene della prigione.

“Mad Heidi” è una bellissima trashata che offre anche diversi spunti di riflessione per le tematiche e i rimandi storici che tra l’altro hanno creato non pochi problemi per la distribuzione del film in madre patria.

In definitiva “Mad Heidi” è un debutto riuscitissimo per la coppia di registi di Johannes Hartmann e Sandro Klopfstein, che lanciarono questa idea sotto forma di fake trailer in stile Grindhouse anni fa prima di raccogliere la maggior parte del budget del film attraverso il crowdfunding.

Chiunque abbia mai trovato gioia in un film exploitation avrà sicuramente la stessa reazione di un bambino che reagisce alla mattina di Natale. E questa è sicuramente una parte importante della magia del film perché sa esattamente quello che vuole.

Vedrete durante il procedere del film una serie di personaggi interessanti e alcuni colpi di scena che fanno presagire un possibile universo in crescita di “Mad Heidi”, che anticipa tra l’altro una speranzosa riunione in un sequel che potrebbe dare alla nostra eroina un assistente degno di nota.

La mia unica critica è che mi sarebbe piaciuto che le scene di azione fossero girate in maniera più accurata ma il tutto è comunque montato in modo adeguato affinché il film sia sufficiente dall’inizio alla fine. Accoppiato con battute spudorate, alcune scene di nudo e un po’ di recitazione comica. “Mad Heidi” è un esperimento svizzero di vendetta grindouse che si spinge oltre i limiti dando vita ad un film spassoso da vedere in compagnia per passare un’ora e mezza spensierata con un film che non si prende molto sul serio.

Vi ricordiamo che il film uscirà anche in Italia il 26 ottobre in formato dvd e bluray distribuito da Midnight Factory.

Non siamo critici ma semplicemente una coppia appassionata di Cinema, grazie ad alcuni amici abbiamo tirato su questo progetto con il solo intento di divulgare la settima arte, un tipo di arte quella del cinema che ormai sembra sempre più dimenticata e trattata con superficialità. Se ti piace il nostro progetto sostienici ed entra a far parte degli amici di Beyond the horror.

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L’esorcista – Il credente (2023)

Articolo a cura di The Crystal Lake Girl

Attenzione, la recensione potrebbe contenere tracce di spoiler sulla trama

L’ESORCISTA – IL CREDENTE (2023)

Ed è finalmente arrivato anche questo momento. Una curiosità che c’era da mesi e che, non ho proprio potuto trattenere. Quindi ho preso il primo spettacolo possibile per vedere “L’esorcista – Il credente”, nuova fatica di David Gordon Green, già regista della trilogia di “Halloween”.

E anche in questo caso saranno tre film. Contento lui.

Sala semivuota, per l’orario era abbastanza normale, lo era già anni fa.

 Il mood è quello giusto e si cerca ovviamente di essere il più obiettivi possibile. Nel mio caso ce la devo mettere tutta. La speranza di avere qualcosa di buono c’era! Quindi cercherò di essere il più obiettiva possibile.

Due è meglio di uno diceva uno spot anni 80, non molto in questo caso dico io. Due è già troppo invece. Ma, meglio partire con qualche accenno di trama prima di spiegare il perché.

Angela è una ragazzina di 13 anni, orfana di madre. Il papà Victor la ama moltissimo e cerca di essere tutto per lei. Ma alla ragazzina manca la madre, che non ha mai conosciuto perché è morta quando è nata. La curiosità spinge Angela ad addentrarsi nei boschi con una compagna di classe, Katherine. Lì, si mettono a fare un rito per poter parlare con la mamma di Angela. Le due ragazzine però non tornano a casa quella sera, riappariranno spaurrite e a 50 km da casa, dopo tre giorni. E non si ricordano nulla di ciò che è successo.

Riportate a casa, dopo le cure mediche e le verifiche del caso, le due iniziano subito a manifestare strani sintomi e, dopo quello che potrebbe sembrare un grosso crollo nervoso, vengono ricoverate in un ospedale psichiatrico.

Dopo essersi consultato con una vicina di casa, che rivela a Victor il suo timore che Angela sia posseduta da un demone, Victor si convince a contattare Chris McNeil, una donna che ha già avuto a che fare con una possessione demoniaca molti anni prima e che ha scritto un libro riguardo. A questo punto è palese che le due ragazzine sono possedute.

 Bisogna quindi cercare di organizzare un esorcismo. Ma la Chiesa si rifiuta di dare il consenso e così Victor e i genitori di Kathrine cercano aiuto dai vicini e da una donna che è una specie di sacerdotrssa della Santeria. Mentre la Vicina di casa, che aveva avvertito Victor all’inizio sarà il “ministro di Dio”.

 Inizia così un estenuante lotta contro i demoni per salvare le due ragazzine. Ho spoilerato solo il giusto.

 Questo film è denso di particolari e di richiami alla pellicola del 73, l’ispirazione a William Friedkin è palpabile soprattutto in alcune inquadrature e dalla presenza nel cast Ellen Burstyn, unico collegamento, che riprende il ruolo di Chris McNeil. Il suo personaggio è sfruttato malissimo purtroppo. Mi aspettavo almeno un pizzico del carattere della madre combattente che non si arrende e fino alla fine cerca di salvare la figlia come può, e invece no. Un grosso bel “cameo” di cui non rivelerò il destino.

 Per quanto riguarda tutti gli altri personaggi del film nessuno spicca in particolare, ed è probabilmente la pecca più grossa.

Denso di elementi abbiamo detto. Tanti richiami al film di William Friedkin, nelle scene e nei personaggi di Angela e Victor, che sono i due principali. Anche Regan era con un solo genitore ricordate? Non c’è poi un vero e proprio antagonista col demone. E qui si ritorna al poco spessore dei personaggi. Quella che potrebbe esserlo, la vicina di casa che poi amministrerà l’esorcismo e che vedremo nelle ultime scene finali, non lo è nemmeno lontanamente.

 E anche le possedute di carattere ne hanno poco. Tutta la volgarità, caratteristica dell’ indemoniato che è molto soffocata, quasi timida, paurosa di shoccare troppo il pubblico “perbenista” di questi anni. Non voglio creare polemiche, ma Friedkin a suo tempo aveva osato, e ha fatto centro. Qui ci si limita a fare il bel compitino ordinato senza sbavature, che però non fa ottenere un voto alto.

E anche logico dire che sarebbe meglio non fare paragoni. Vero. Ma non è possibile non farli data la situazione. C’è molta similitudine, molti omaggi, che non stonano o risultano scopiazzati per fortuna.

 È tutto lineare, molto lineare.

 C’è un solo jumpscare, è questo è cosa buona. Ci sono delle belle inquadrature, non lo nego, ma non basta, non basta a sollevare un film un po’ piatto con troppi personaggi anonimi. Alcune cose sono intuibili, ma va bene così. C’è una sorpresa nel finale, intuibile anche quella, e anche un po’ smielata. Ma in fondo ha fatto piacere

In conclusione, se questo deve essere l’inizio di una trilogia, che si ispira ad un classico dell’orrore, non è quello che io ritengo un buon inizio. Un film che somiglia molto ai soliti film sulle possessioni, di livello buono e di buon intrattenimento, ma non distintivo.

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Talk to me (2022)

Articolo a cura di Dani IronFist

TALK TO ME (2022)

Danny e Michael Philippou sono due fratelli australiani noti per essere due famosi youtuber conosciuti con lo pseudonimo di “RackaRacka” (se siete curiosi potete visitare il loro canale youtube cliccando qui), sono saliti alla ribalta con il loro canale, canale che, grazie ad una serie di cortometraggi dedicati al genere comedy/horror, li ha portati a vincere uno Streamy awards e successivamente un AACTA Awards, oltre a vari riconoscimenti da parte di riviste come Variety arrivando ad esordire nel 2022 alla regia con “Talk to me”, prodotto dalla A24, è un’opera prima che sta riscuotendo enormi consensi di pubblico e critica.

Dal 29 settembre finalmente il film è arrivato anche da noi grazie a Midnight Factory e Plaion pictures, label da sempre attente a portare in Italia horror di qualità.

Il film racconta la storia di Mia che ha da poco perso la madre e ha un rapporto complicato con il padre. La ragazza trova conforto nella sua amica Jade e il fratellino di lei Riley, un rapporto molto stretto tant’è che viene spesso ospitata a casa loro.

Tra i loro coetanei si diffondono video che ritraggono un gioco, una sorta di seduta spiritica. Quando il loro amico Hayley propone a Mia di provare, la ragazza accetta con lo stupore di tutti di stringere la mano imbalsamata. Mia vivrà un’esperienza sconvolgente e sarà solo l’inizio di un vero e proprio incubo che devasterà tutti.

Sebbene si basi sui soliti cliché di storie familiari, il film spicca per una sceneggiatura devastante e un cast carismatico (guidato da Sophie Wilde) che rendono “Talk To Me” una storia di dolore terrificante e straziante capace, come nel mio caso, di lasciare lo spettatore inchiodato alla poltrona, Merito appunto di una sceneggiatura, scritta dai due fratelli, che funziona con il tutto incastrato alla perfezione e gli attori tutti in parte. Personalmente non giudico mai la prova degli attori attraverso un film visto con il doppiaggio in italiano (non vedo l’ora di avere tra le mani il Blu-ray per vederlo di nuovo in lingua originale) ma le espressioni che gli attori mettono in scena sono davvero eccezionali, soprattutto Sophie Wilde nel ruolo di Mia è davvero fantastica nel mettere in scena il dramma che sta vivendo.

Nonostante una durata di solo un’ora e mezza, “Talk To Me” dedica la maggior parte del primo atto a far conoscere allo spettatore la personalità dei personaggi e i legami tra di loro, in particolare il legame tra Mia e la famiglia di Jade. Questa è una mossa rischiosa per un film horror poiché nei primi 20 minuti può sembrare il classico teen movie ma che ripaga a palate quando gli avvenimenti prendono vita.

“Talk to Me” ha tutti gli elementi di un classico film horror ma riesce comunque a rimanere genuinamente imprevedibile, cruento e a volte quasi scioccante. Non perché si sforza di essere sadico, ma perché è diretto e montato in modo impeccabile. Il film sa alternare momenti più tranquilli e momenti in cui veniamo bombardati da immagini orribili, trovando il perfetto equilibrio tra spaventi, inquadrature lunghe e prolungate con  immagini quasi insopportabili e riesce in tutto questo senza l’uso di eccessivi jumpscare, giusto un paio ad inizio film.

C’è un senso di grande stile registico qui, in particolare nelle stesse scene di possessione. “Talk to Me” riesce nella difficile impresa di combinare l’arte visiva con effetti speciali spaventosi. Alcune sequenze particolarmente dinamiche combinati con astuti movimenti di macchina ti fanno guardare ogni angolo dello schermo, chiedendoti se c’è qualcosa che stai per vedere. Va dato sicuramente atto ai fratelli Philippou per aver messo su un film nel quale riesco a trovare pochissimi difetti, piccoli difetti che son concentrati nella primissima parte con alcuni dialoghi non proprio brillanti ma che comunque non intaccano il lavoro svolto.

C’è un sottile equilibrio in “Talk to me” tra la costruzione del personaggio e le paure, cosa rara nei film al giorno d’oggi. Ci prendiamo a cuore il personaggio di Mia, stiamo conoscendo le relazioni (presenti e segrete) e tutto si intreccia magnificamente e nel momento in cui la mano viene rivelata al pubblico e il film raggiunge livelli così intensi che riesce comunque a trovare quell’equilibrio senza mai spingersi troppo oltre.

Può risultare una visione “insolita” in quanto non viene fatto uso dei soliti cliché da fan service, non si fa affidamento sui jumpascare facili e fine a sé stessi, sono più momenti di shock e la tensione che si accumula e che trasuda dallo schermo e uno shock dopo l’altro non consentono allo spettatore annoiarsi, ci sono scene al suo interno che possono tranquillamente disturbare lo spettatore, soprattutto se siete persone sensibili. Risultato finale, sono rimasto dall’inizio alla fine con lo sguardo incollato verso lo schermo come se avessi afferrato la mano e le avessi chiesto di parlare anche con me.

Tutto questo è “Talk to me”, ennesimo colpo di genio della A24 che continua a produrre grandi film horror indipendenti e non solo, vi basti pensare a “Hereditary” e “Midsommar” di Ari Aster, “Ex Machina” e “Men” di Alex Garland, “Saint Maud” di Rose Glass e via dicendo.

“Talk to me” è un film che ti prende per mano e ti scuote dentro e quando parte non ti da un attimo di tregua fino ad arrivare ad un finale devastante.

Cheapau ai fratelli Danny e Michael Philippou che spiccano in una annata davvero fiacca per l’horror.

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Watcher (2022)

Articolo a cura di Dani Ironfist

WATCHER (2022)

Causa una pessima distribuzione al cinema e in home video non sono riuscito mai a vederlo ma ora che finalmente il film è stato inserito nel catalogo di Sky Cinema, dopo molti mesi l’attesa è finita.

“Watcher” è un thriller paranoico a metà strada tra Alfred Hitchcock e Brian De Palma e diretto dalla regista Chloe Okuno che dirige il film in maniera davvero esemplare.

Maika Monroe è entrata nel genere grazie a due belle prove in “The Guest”, film di Adam Wingard m asoprattutto in “It Follows” di David Robert Mitchell, entrambi i film del 2014, da allora non ha più realizzato un film degno del suo talento. Nello stesso anno, Chloe Okuno pubblicò il suo acclamato cortometraggio “Slut”, un violentissimo slasher che trovate su You Tube. Oltre a questo ha diretto poi quattro cortometraggi della serie antologica “V/H/S/94”.

I due talenti si incontrano in questo thriller ambientato a Bucarest dove Julia (Maika Monroe) si trasferisce dagli Usa per seguire suo marito (Karl Glusman). L’impatto con la città non è dei più semplici soprattutto a causa della scarsa conoscenza della lingua. Mentre un serial killer soprannominato “Il Ragno” miete vittime in città, Julia è convinta che una persona la stia continuamente spiando dalla finestra del palazzo di fronte. Nessuno crede a Julia né il marito né la polizia e così la paranoia prende sempre più strada nella mente di Julia.

L’ansia che cresce sempre di più nella protagonista con il passare del film e il fatto di sentirsi osservata sarà probabilmente molto familiare a qualsiasi donna e la regia di Chloe Okuno sfrutta tutto con grande precisione. L’atmosfera del film è cupa e opprimente con le grandi finestre del suo appartamento che trasformano Julia in un bersaglio facile.

“Watcher” riesce nell’intento di essere piuttosto inquietante e ansiogeno, ma la cosa bella è che Chloe Okuno è altrettanto abile nell’estrarre il dramma sociale e ad incorporarlo nella storia. Alla fine, la storia che viene raccontata è purtroppo fin troppo comune di una donna che vuole disperatamente essere presa sul serio e creduta mentre sta attraversando un’esperienza spaventosa e non essere liquidata come pazza.

Certo, “Watcher” non è un film perfetto soprattutto sul finale dove il film finisce bruscamente e sembra un film diverso ma, a parte qualche scelta narrativa discutibile, “Watcher” è interamente sorretto da una fenomenale performance di Maika Monroe, niente di scioccante ma la sua presenza sullo schermo è magnetica e sebbene sia in giro da pochi anni il suo lavoro da protagonista in questo film potrebbe essere il definitivo trampolino di lancio per la 29enne con molte grandi possibilità davanti a sé.

La bellissima colonna sonora mai invadente di “Watcher” fa un ottimo lavoro creando suspense in molte sequenze e Okuno utilizza bene ogni ambiente per creare orrore e suspence. Ci sono alcune sequenze nel film che ti immergeranno davvero nella mentalità di Julia e sederti al cinema o fare shopping non sarà mai più la stessa cosa. I momenti migliori di “Watcher” sono quelli che toccano quella paura quotidiana che ci sia qualcuno che ti guarda o ti segue e ci sono più volte in cui riesce a catturare quella paura realistica.

In conclusione, “Watcher” è il tipo di thriller psicologicamente inquietante del quale il pubblico è sempre alla ricerca e questo bellissimo debutto alla regia di Chloe Okuno, lo rende un film magnetico alla Hitchcock, così come la migliore interpretazione della carriera di Maika Monroe contribuisce a elevare una già intrigante e coinvolgente storia di stalker.

Uno dei migliori thriller degli ultimi anni, senza tanti giri di parole perché qui siamo di fronte ad un film diretto con grande perizia e con due attori in perfetta sintonia che tengono alto il livello per tutti i novanta minuti.

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Raw – Una cruda verità (2016)

Articolo a cura di Dani Ironfist

RAW – UNA CRUDA VERITÁ (2016)

Vincitrice della Palma d’oro al festival di Cannes con “Titane”, Julia Ducournau aveva già fatto parlere di sé con il suo debutto del 2016. Presentato anch’esso al festival di Cannes, “Raw” è un meraviglioso film sul cannibalismo urbano che ci racconta la storia di Justine (Garance Marillier) giovane vegetariana costretta a mangiare carne cruda come parte di un rituale di nonnismo universitario, a causa di questo rituale sviluppa un gusto per essa, in particolare per gli umani.

Scritto e diretto da Julia Ducournau, usa la fame sempre crescente della sua protagonista come metafora del risveglio sessuale e del legame familiare. Non è facile parlare di questo film, questo perché è davvero uno di quei film al quale è meglio approcciarsi con una minima conoscenza di quello a cui andremo incontro con la visione. Nel corso degli anni sono girate tante voci su questo film, anche se non si sa se siano tutte vere o no. Ad esempio, quando il film è stato presentato in anteprima al Toronto International film festival nel 2016, numerosi testimoni affermano di aver assistito a molti svenimenti a causa delle scene troppo crude. Inoltre, in madre patria, in alcuni cinema venivano dati in dotazione agli spettatori dei “vomit bags”, si avete letto bene!

Questo film è sicuramente la testimonianza dello stile schietto di Julia Ducournau e della sua grande capacità di raccontare storie con argomenti altamente tabù. ‘Raw’ è un film coraggioso poiché documenta la sessualità femminile e il cannibalismo, rendendolo un film dal ritmo lento ma allo stesso tempo molto avvincente.

Garance Marillier è incredibile nei panni di Justine, una giovane ragazza catapultata in un ambiente caotico e spesso spaventoso con pochissimi amici. L’unica persona a cui può fare affidamento è la sorella Alexia, interpretata da Ella Rumpf, Alexia è all’ultimo anno della facoltà di veterinaria. Determinata e sicura di sé, cercherà in tutti i modi di cambiare lo stile di vita di Justine, incoraggiandola così ad interrompere il suo vegetarianismo e ad assecondare la sua voglia di carne, il rapporto tra le due sorelle diventerà tutt’altro che convenzionale.

La sceneggiatura di Julia Ducournau è piena di questo tipo di riferimenti alla sessualità e l’azione femminile che ricordano molto da vicino “Licantropia Evolution”, il film canadese diretto da John Fawcett nel 2000, Julia Ducournau ha sfruttato in pratica lo stesso territorio ottenendo risultati eccellenti. In effetti, uno dei maggiori punti di forza di “Raw” è la messa in scena e la sceneggiatura per la capacità di bilanciare parti più riflessive con i suoi elementi horror.

Come allegoria della scoperta dell’identità e del potere sessuale delle donne con i primi passi verso l’età adulta, “Raw” è un film unico con totale anarchia.

Il film d’esordio della sceneggiatrice e regista francese Julia Ducournau è un film disgustoso, contorto, ma stranamente potente, in parte film horror e in parte dramma di formazione ed è uno dei film horror più belli usciti negli ultimi anni che farà sicuramente breccia nei cuori degli horrorofili che amano l’horror francese e non solo.

Da non perdere ora che si trova anche nel catalogo di Netflix.

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The Body Tree (2017)

Articolo a cura di The Crystal Lake Girl

THE BODY TREE (2017)

Oggi andiamo in Siberia, a seguire un gruppo di studenti, e il loro professore, in visita alla famiglia di una loro amica, Kara, morta l’anno prima. La ragazza è stata uccisa dal fidanzato geloso.
Nel gruppo c’è anche Alice, sorella del fidanzato di Kara. Lei è assolutamente convinta che il fratello non sia l’assassinio.
Dicevamo in Siberia, in una regione particolarmente piena di suggestioni antiche e antichi rituali.
Quindi, arrivati sul posto i ragazzi si convincono velocemente che sia tutto molto strano.
I parenti di Kara infatti li invitano ad assistere ad un antico rituale, che però finirà male.
Da questo punto in poi ci sarà la svolta dinamica del film e i ragazzi dovranno lottare per la loro sopravvivenza.

The Body Tree è un film del 2017 diretto da Thomas Dunn e Mickahil Kukuskin.
Mescola diversi sottogeneri e non spicca per originalità.
Abbiamo l’elemento paranormale, che si lega al folk horror, il rituale fatto dai parenti di Kara é molto simile ad un rituale degli indiani d’America, molto più inquietante però.
E poi si passa allo slasher, con un pizzico di “Evil Dead”.
Quindi un bel minestrone, che a me sinceramente non è dispiaciuto, seppur molto in deficit per recitazione e situazioni abbastanza “già viste” e quindi molto prevedibili.
Tutto sommato il film scorre bene, l’intreccio per scoprire la verità sulla morte di Kara è abbastanza buono. I personaggi però sono piuttosto scialbi, anche se si cerca di dargli comunque personalità, ma se ci riferiamo alla componente slasher può anche passare inosservato.
L’intrattenimento c’è, non è superbo ma ci sta, dato anche il basso budget.

Il finale è tra i più standard e prevedibili, ma anche qui non mi sento di infierire.

Nel complesso il film intrattiene senza dare però molto di più allo spettatore.
Non è bocciato, questo lo voglio precisare, non è sicuramente per i palati fini, che sono sempre alla ricerca di visioni sconvolgenti e ben ingeniate.

Il film è disponibile su Prime Video.

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The Innocents (2022)

Articolo a cura di Dani Ironfist & Frina

THE INNOCENTS (2022)

Nel corso della storia del cinema horror sono molti i film che vedono un gruppo di bambini protagonisti di fatti che ci hanno da sempre spaventato e inquietato.

Pensiamo ad un classico come “Il villaggio dei dannati” diretto da Wolf Rilla nel 1960 in cui protagonisti erano un gruppo di bambini nati in circostanze misteriose e dodati di capacità intellettive straordinarie, il film ebbe anche un remake diretto da John Carpenter nel 1995 e un sequel nel 1964 dal titolo “La stirpe dei dannati”. Nel 1976 il regista Richard Donner (“Superman”, “Arma letale”) diede vita alla saga di “The Omen” che vedeva protagonista Damien un bambino in cui si era incarnato l’Anticristo. E come non dimenticare “Grano rosso sangue”, uno dei migliori adattamenti dai racconti di Stephen King, con protagonisti un folto gruppo di ragazzini decisi a sterminare la popolazione adulta.

Questi sono alcuni dei titoli più rilevanti in ambito horror con protagonisti giovani ragazzi ma ce ne sono molti altri, tra i quali spicca questo “The Innocents”, film di produzione scandinava e diretta da Eskil Vogt, noto sceneggiatore norvegese candidato all’Oscar nel 2022 per la sceneggiatura di “La persona peggiore del mondo”, tra le sue opere sceneggiate ci piace ricordare anche quel gioiellino dal titolo “Thelma”.

Il film ci racconta la storia di Ida e sua sorella Anna, ragazzina autistica che non parla né comunica con l’esterno in altri modi, si trasferiscono insieme alla famiglia in un sobborgo residenziale per via del nuovo lavoro del loro padre, un sobborgo dove la maggior parte delle famiglie si trova in vacanza.

Qui faranno la conoscenza di Ben e Aisha, i quattro ragazzi ben presto scopriranno di avere degli strani poteri, in particolare Ben, con poteri telecinetici e un’indole malvagia.

“The Innocents” è un film horror psicologico in cui ci sono sia elementi misteriosi che soprannaturali in questa storia, quindi, non è del tutto malvagio quello che viene fatto come può sembrare dalla sinossi. Si tratta di un gruppo di bambini che vivono nello stesso condominio e trascorrono l’estate insieme, detto così potrebbe farti volare con la mente a “Stand by Me” ma, a differenza del film di Rob Reiner, questa pellicola di Eskil Vogt va avanti per un periodo di tempo più lungo e con una vena molto più cupa e violenta.

Una cosa che salta all’occhio è che i ragazzini sono molto innocenti di quello che ci si aspetterebbe poiché, chi in un modo chi nell’atro è spinto ad assumersi delle responsabilità più grandi rispetto alla loro età. A Ida, nonostante sia piccola, viene affidata la sorella Anna scaricandole responsabilità più da genitore che da sorella minore. Inoltre la condizione di Anna monopolizza tutte le attenzioni dei genitori che quindi trascurano i bisogni emotivi di Ida.

Anche Ben non trova nella madre nessun tipo di supporto e forse il fatto di non aver nessun tipo di guida nella sua vita lo porta a non avere la stabilità emotiva necessaria per gestire i propri poteri.

I bambini in generale sembra che vivano una realtà da cui gli adulti sono esclusi, condizione amplificata dal fatto di possedere poteri speciali. Ciò li unisce e contribuisce a formare una piccola comunità chiusa, a dire il vero non solo rispetto agli adulti ma anche rispetto ai loro coetanei.

All’interno si creano connessioni profonde tra i membri (come quella tra Aisha e Anna) ma anche forti conflitti.

Tutto ciò è sottolineato da un’atmosfera particolare. Abbiamo in un certo senso un “tempo sospeso” che caratterizza spesso le estati dell’infanzia e della prima adolescenza, in cui si è liberi dalla scuola e bisogna in qualche modo riempiere quel tempo. L’atmosfera qui però non è spensierata ma un po’ opprimente e a volte la libertà si trasforma in assenza da parte degli adulti. Su di loro non si può contare ma bisogna arrangiarsi per risolvere i problemi. Questo tipo di atmosfera mi ricorda Stephen King.

“The Innocents” è un film che affronta la complessità delle amicizie e le sfide dell’infanzia che bene o male tutti noi abbiamo affrontato nella vita, ed è allo stesso tempo straziante mentre si avvicina alla sua drammatica conclusione. Come i bambini al centro del film anche lo spettatore non si sente mai del tutto sicuro di quale direzione prenderà la storia. Questo è certamente il pregio più grande di questo film, merito di una notevole sceneggiatura e un ottimo montaggio, grazie al quale quel senso di sorpresa è ciò che ci tiene in tensione e incollati allo schermo in questa storia strana ma inebriante.

Con performance davvero eccellenti da parte dei giovani attori e una narrazione che aumenta la tensione mentre le abilità dei bambini aumentano di potere, “The Innocents” è un film assolutamente da non perdere.

Eskil Vogt ha realizzato un horror che colpisce al cuore e che nasconde moltissimi segreti, i quali verranno fuori grazie ad altre visioni.

Il film è disponibile in dvd/Blu-ray presso lo store di Midnight Factory e sul canale Midnight Factory channel (Prime Video o Mediaset Infinity)


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Undead (2005)

Articolo a cura di The Crystal Lake Girl

UNDEAD (2005)

“Undead” è un film horror australiano del 2003 diretto dai fratelli Michael e Peter Spierig. È una commedia horror che attinge, tra stile e svolgimento, da “Evil Dead”, “La notte dei morti viventi “e L”’alba dei morti dementi”.

 Molto figo(!) , direte voi. Beh, non proprio dico io.

Nella pacifica piccola città di pescatori Barkley iniziano a cadere meteoriti che sembrano portare una malattia che trasforma gli abitanti in zombi. Un gruppo di persone, si troverà braccata in casa di uno strano personaggio, ad affrontare l’invasione dei non morti. Oltretutto abbiamo anche degli alieni a complicare la situazione.

Divertente a suo modo, “Undead” purtroppo però non riesce mai a decollare del tutto. Colpevolissima la CGI davvero imbarazzante e la fotografia molto scialba, che rendono il tutto davvero poco accattivante.

 Il film è una commedia horror, che però non è abbastanza incisiva per spiccare, le gag sono molto limitate, anche perché c’è una componente “action”, rappresentata dal personaggio di Marion, il matto del paese, che in realtà era stato già rapito dagli alieni in passato. L’uomo è diventato una specie di super eroe con mira infallibile e armi costruite ad hoc. Elemento che vorrebbe prendersi sul serio, ma alla fine non ce la fa.

 La parte dell’ assedio in casa potrebbe ricordare il film di Romero, mentre gli zombie ricordano molto i Deadite di “Evil Dead” in versione però molto più lenta. Un mix di elementi che funzionano però se si hanno le idee giuste realizzate con criterio.

 Lo splatter presente è quasi interamente a CGI, ma offre uno spettacolo troppo “finto” anche per un film del genere. Peccato perché i personaggi sono buoni e abbastanza ben caratterizzati. C’è da dire che il film è un prodotto quasi completamente casalingo, che i fratelli Spierig hanno realizzato praticamente autofinanziando il tutto e occupandosi anche degli effetti speciali con una post produzione abbastanza lunga.

In definitiva, nonostante il coraggio e la voglia di fare qualcosa con pochi mezzi ci sia, non posso dire mi abbia colpita particolarmente.


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Infinity Pool (2023)

Articolo a cura di Dani Ironfist

INFINITY POOL (2023)

“Infinity Pool” è il terzo film diretto da Brandon Cronenberg, dopo “Antiviral” del 2012 e quella bomba di “Possessor” del 2020, film che a noi aveva estasiato e di cui abbiamo parlato qui. Questo terzo film non è da meno e si appresta a diventare il miglior film horror del 2023 consacrando il grande talento del figliol prodigo.

Nonostante si porti dietro la nomea di essere figlio del grande David, Brandon inizia a discostarsi dal cinema del padre nonostante qua e là si notano ancora analogie, cosa comunque più che normale essendo cresciuto sul set con il padre.

“Infinity Pool” ci racconta la storia di una giovane coppia in vacanza a Li Tolqua, un lussuoso resort. James interpretato da Alex Skarsgard (The Northman) uno scrittore e la moglie Em (Cleopatra Coleman), ricca ereditiera faranno la conoscenza di Gabi (Mia Goth) e Alban (Jalil Espert). Dopo una serata di bevute un accidentale incidente scatenerà una serie di eventi che trasporterà la coppia in un incubo senza fine ritrovandosi così davanti al lato più oscuro di Li Tolqa e delle sue peculiari tradizioni.

Il 2022 è stato senza dubbio un grande anno per Mia Goth, che sembra aver trovato la strada giusta come attrice con i suoi doppi ruoli in “X – A Sexy Horror Story” intriso di sesso di Ti West e il suo sanguinoso prequel “Pearl”. Mia Goth dal canto suo sfoggia una prova davvero eccezionale in un personaggio che in molti punti risulta tanto affascinante quanto inquietante.

Alex Skarsgärd offre una performance intrigante nei panni dello scrittore apparentemente abbottonato e represso che presto rivela i suoi istinti selvaggi e masochisti. Gabi, tuttavia, è il fulcro del film, la provocatrice e maliziosa, Mia Goth la interpreta con allegria e fascino, anche nei momenti più grotteschi.

Questa è una storia senza eroi convenzionali e Brandon Cronenberg offusca i confini tra vittime e carnefici. I suoi personaggi principali si comportano in modo spregevole e talvolta anche in modo vigliacco e codardo. Nei suoi momenti più psichedelici è sopra le righe, la narrazione diventa esagerata e culmina in una sequenza di orgia indotta dalla droga, girata in modo sfocato e frammentario. Gli obiettivi della satira del film a volte sono un po’ difficili da identificare; infatti, Brandon Cronenberg in questo film ce l’ha con tutti e non si limita a condannare i ricchi dell’alta borghesia americana ma è altrettanto tagliente nel suo ritratto dei poliziotti e dei funzionari locali. Indubbiamente però tutto gira intorno ai soldi. I ricchi americani annoiati e in cerca di emozioni forti pensano di poter fare tutto quello che vogliono e usano i soldi come un lasciapassare che permette di usare Li Tolqa  come se fosse un grande parco giochi.

Ci sono anche diversi punti di riferimento in “Infinity Pool” con altre opere, ad esempio la scena dell’orgia è girata con una grande perizia tecnica ed è facile volare con la mente alla scena di “Eyes Wide Shut” di Stanley Kubrick così come pare ovvio che il punto di riferimento di questo film sia stata la serie tv “The White Lotus” con anche qui i protagonisti in villeggiatura in un resort andranno incontro a sesso e morte.

Anche il montaggio e la colonna sonora meritano un notevole elogio. Le immagini curate dal direttore della fotografia Karim Hussain attingono alla bellezza naturale incontaminata di Li Tolqa, che è stata girata presso il resort Amadria Park a Sebenico, in Croazia. Gli attuali elementi neopagani, esemplificati dalle maschere raccapriccianti della gente del posto e dalle antiche tradizioni, sono integrate da inquadrature lente in cui Brandon da proprio il senso di padronanza ormai raggiunto dietro la macchina da presa.

Tra sangue, sperma e vomito “Infinity Pool” è un film che mi ha molto turbato per le molte situazioni inquietanti e quando un film riesce a dare allo spettatore certe sensazioni non può che essere il miglior film horror dell’anno, perché è questo che un horror dovrebbe fare, spaventare, inquietare e lasciarti sensazioni di malessere.

Il film è disponibile su Prime Video e Apple TV.


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Bed Rest – Riposo forzato (2022)

Articolo a cura di The Crystal Lake Girl

BED REST (2022)

Ed eccoci all’ennesima ghost story all’americana che, a quanto pare, non basta mai.

 Visione su Prime video di “Bed Rest” da noi intitolato “Riposo forzato”,  titolo alquanto poco accattivante nella versione italiana. Il film è del 2022 ed è diretto da Lori Evans Taylor.

Julie e il marito Daniel si sono appena trasferiti in una nuova casa. Una vecchia villetta che stanno ristrutturando. Julie è incinta e mancano circa due mesi al parto.  Durante la ristrutturazione di uno dei bagni, un operaio trova un braccialetto e lo consegna a Julie che ne è subito affascinata e, dopo averlo pulito, lo indossa. Da lì inizieranno ad accadere cose strane, Julie avrà un incidente e sarà costretta a passare gli ultimi due mesi della gravidanza a letto.

 Questo riposo forzato riporta alla luce un dolore profondo, la perdita del primo figlio, che si mescola con gli accadimenti bizzarri della casa. Julie è confusa, ma è sicura di non sbagliare. C’è qualcosa in casa, qualcosa che la spaventa, ma che pare volerla anche avvertire di un imminente pericolo.

Nulla di nuovo comunque, certo, tutto ben confezionato, con anche il tentativo di confondere le carte in tavola, che è sempre una cosa apprezzabile in questi casi. Un film delicato, che vira più nel dramma che nell’horror. La ghost story c’è, certo. Ma è abbassata banale, simile a molte altre.

Melissa Barrera, che conosciamo già molto bene per il suo ruolo negli ultimi due capitoli di Scream, veste i panni di una donna che sta cercando di ricominciare dopo un grosso dolore: la perdita del figlio appena nato. Nuova casa, e una nuova gravidanza, sembrano una buona soluzione, ma certi traumi sono molto difficili da gestire. Se poi aggiungiamo l’elemento paranormale il tutto diventa pazzesco ed inconcepibile.

 Infatti Julie non viene creduta. Tutti credono che le sue visioni siano il frutto di una ricaduta nell esaurimento nervoso che l’aveva addirittura costretta ad un ricovero ospedaliero per qualche tempo.

 Sola, dovrà capire come fare, e anche capire esattamente cosa significhino le varie apparizioni.

 Buona invece la costruzione della tensione, non troppo alta, ma nemmeno piena di jumpscare, che non sono troppo marcati e danno un giusto equilibrio al film. Convincenti anche i personaggi, che riescono a suscitare emozioni nello spettatore. Cosa buona in un prodotto che risulta piuttosto standard.

In conclusione “Bed Rest” si merita la visione, e la sufficienza piena. Senza aspettarsi troppo ovviamente, regala una tranquilla ora e mezza senza impegno.


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