Civil War (2024)

Articolo a cura di Dani Ironfist

CIVIL WAR (2024)

“Civil War” è un film drammatico/guerra scritto e diretto da Alex Garland, scrittore, sceneggiatore e regista che apprezzo fin dal suo esordio “Ex Machina” del 2015 (in realtà anche se non accreditato il suo esordio alla regia avviene con “Dredd – Il giudice dell’apocalisse” del 2012), grandioso film di fantascienza che tratta il tema della IA, seguito da “Annientamento” del 2018, altro grande fanta/action che ha saltato la sala in favore di Netflix (per fortuna poi è comunque uscito in home video) per passare all’horror con il meraviglioso “Men” del 2022, trovate qui la mia recensione.

Da qui capirete quanta attesa per me c’era per questo nuovo film di Alex Garland e l’attesa è stata ripagata perché “Civil War” è un film monumentale che racconta la storia di tre reporter che durante una guerra civile in un ipotetico futuro intraprendono un viaggio da New York a Washington per intervistare il presidente. Una guerra che sconvolge gli Stati Uniti divisi tra stati fedeli al Presidente e stati secessionisti, tra cui Texas e California, alleati insieme nelle Western Forces, e Florida, a sé stante.

Nonostante Alex Garland non ci spiega il perché dell’inizio della guerra si percepisce durante tutto il film il riferimento all’assalto al Capitol Hill del 2021, seguiamo così le vicende di Lee Smith, affermata photo reporter interpretata da una straordinaria Kirsten Dunst, al suo fianco Joel, interpretato da Wagner Moura (mr. Pablo Escobar nella serie tv “Narcos”), ai quali si aggiungono al viaggio l’anziano Sammy (Stephen McKinley Henderson) ma soprattutto la giovane Jessie, un aspirante foto reporter alla quale Lee salva la vita ad inizio film. I quattro partiranno per un viaggio che metterà a dura prova la loro esperienza e di fronte a tutto l’orrore della guerra tra cecchini, campi di accoglienza e spietati soldati pronti a tutto per la loro ideologia.

Quando la democrazia comincia a recedere e la sicurezza fallisce, la violenza e il caos inevitabilmente irrompono. “Civil War” è prima di tutto un thriller politico estremamente potente e montato con cura, portando a casa il punto con una forza inquietante. Alex Garland immagina un prossimo futuro distopico in cui gli Stati Uniti d’America, non sono più uniti ma sul punto di crollare su sé stessi con un presidente pericolosamente borioso insediatosi alla Casa Bianca e uno schieramento di combattenti armati.

Alex Garland non prende posizione, anche se le allusioni alla realtà contemporanea sono abbastanza chiare in tutto il film come anche ho accennato qui sopra. Il punto di vista del regista è essenzialmente quello di un osservatore rispecchiando così l’obiettività dei giornalisti al centro della guerra civile. È un film che mette più di un brivido se pensiamo alla situazione attuale nel mondo e di quella sociopolitica americana, pensando anche alle imminenti elezioni presidenziali con Trump di nuovo tra i candidati.

“Civil War” dona allo spettatore anche più di uno spavento grazie ad un grande lavoro in fase di montaggio che riesce a far maturare empatia verso i personaggi seguendo il loro viaggio fino ad arrivare ad un grande finale con circa venti minuti di guerriglia urbana.

Kirsten Dunst è sensazionale e perfettamente calata nel personaggio ma non sono di certo io a scoprire le doti di questa grande attrice, fa pure la comparsa anche Jesse Plemons, otto minuti in cui lo vediamo protagonista in una scena mozzafiato che descrive senza mezzi termini la situazione attuale negli Usa con le armi alla portata di tutti.

Ciò che non si discute è l’abilità tecnica di Alex Garland dietro la macchina da presa perché “Civil War” è assolutamente bello nonostante le sue atroci rappresentazioni. Il grande lavoro di ripresa del direttore della fotografia Rob Hardy riprende una serie di stili a noi noti, dal caotico filmato distopico di battaglia con elicotteri d’attacco alla voglia di viaggiare mantenendosi stabilmente su livelli altissimi per tutta la durata del film.

Straordinario anche il lavoro dei compositori Ben Salisbury e Geoff Barrow che prendono in prestito dalle vivaci canzoni popolari americane con chitarra acustica e divagazioni strumentali amanti del country mentre i tre fotoreporter passano attraverso un paese distrutto. Grazie a questo connubio il film in alcuni tratti riporta alla memoria quel “Full Metal Jacket” di Stanley Kubrick.

Senza dubbio, “Civil War” è un grande film a livello tecnico, come Alex Garland ci ha abituato, che sfrutta appieno gli strumenti cinematografici a sua disposizione, e per questo merita solo elogi. Durante i novanta minuti della pellicola lo spettatore è portato a domandarsi il perché di questa guerra, cosa l’ha scatenata? In realtà, come accennato sopra, Alex Garland non da risposte a tutto questo. Ma è qui il fattore più inquietante del film, in tutta questa ambiguità il film sprigiona tutto il suo potenziale.

Con le armi a disposizione di tutti si uccide per il gusto di uccidere. “C’è qualcuno che ci vuole uccidere e noi vogliamo uccidere loro” dicono un paio di soldati alle prese con un cecchino che i nostri incontrano strada facendo. Oppure come nella sequenza alla stazione di servizio dove i nostri incontrano un giovane armato fino ai denti che sta torturando due suoi coetanei. “Al liceo non mi parlava mai, ora è costretto ad implorarmi” esclama il torturatore. Un odio sociale diffuso e un desiderio di vendetta senza alcun tipo di motivazione in un contesto che rispecchia molto il mondo attuale.

Alex Garland fa di nuovo centro e mette in scena un film pazzesco che trasuda angoscia e al tempo stesso offre anche molti spunti di riflessione su come sta andando il mono attuale. Non siamo di fronte al suo miglior film, per quanto mi riguarda “Ex Machina” e “Men” sono di un altro livello ma “Civil War” è un grande film e noi poveri cinefili, in un periodo come questo, abbiamo bisogno di un regista del calibro di Alex Garland, con la speranza che torni sui suoi passi e torni quanto prima dietro la macchina da presa. “Civil War” è in sala che vi aspetta.

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