Dario Argento – Panico (2023)

Articolo a cura di Dani Ironfist

DARIO ARGENTO – PANICO (2023)

“Dario Argento – Panico” è un docufilm diretto da Simone Scafidi e prodotto dalla Paguro Film di Giada Mazzoleni. Il film segna anche il ritorno di Simone e Giada a collaborare insieme dopo il bellissimo “Fulci for Fake” del 2019, docufilm incentrato sulla vita e la carriera di Lucio Fulci.

“Panico” non si discosta molto da “Fulci fo Fake” come stile ma se nel docufilm dedicato a Lucio Fulci avevamo Nicola Nocella nel doppio ruolo di attore e intervistatore ad impersonare il terrorista dei generi, in “Panico” è proprio lo stesso Dario Argento ad interpretare sé stesso.

I fan più affezionati del maestro sanno che di solito Dario Argento per la stesura della sceneggiatura dei suoi film si isola dal mondo e si trasferisce in solitaria in un Hotel lontano dal caos cittadino.

“Panico” inizia proprio così, insieme al suo agente decide di tornare in un albergo per concludere la sua nuova sceneggiatura e per essere intervistato da una troupe che sta girando un film che parla di lui. Le cose però non vanno come previsto e Dario Argento non si sente a suo agio, mentre cerca di trovare la tranquillità sia per terminare la stesura del suo film, sia per confidarsi con chi lo sta intervistando. Ma il demone del cinema, che non lo ha mai abbandonato lo spingerà, ancora una volta, a darsi totalmente e a esorcizzare tutti i suoi demoni del passato.

Interessante il lavoro e la ricerca di Simone Scafidi per raccontare la storia di uno dei nostri maestri più amati e stimati in Italia e nel resto del mondo.

Il docufilm è diviso in tre capitoli che ripercorrono gran parte della sua carriera (soprattutto gli anni 70 e 80) e i film più celebri, ad inizio film sono presenti subito interventi di Guillermo Del Toro, Gaspar Noé e Nicolas Winding Refn tutti e tre con parole di enorme stima nei suoi confronti come a rimarcare l’importanza di un regista del suo calibro.

Il primo capitolo è incentrato sulla genesi del regista, viene raccontato l’inizio carriera prima di mettersi dietro la macchina da presa compresa l’amicizia che lo legava a Sergio Leone per il quale aveva scritto la sceneggiatura di “C’era una volta il West” fino ad arrivare al suo esordio con il giallo “L’uccello dalle piume di cristallo”, il tutto è intervallato dalle interviste alla sorella di Dario, all’ex moglie Marisa Casale e allo stesso Argento che, all’interno dell’hotel, si confida con la troupe che lo sta intervistando.

Il secondo capitolo è incentrato sulla parte più horror della sua carriera che va da “Suspiria” a “Opera”, a tal proposito ci sono parti in questo capitolo che risultano a tratti molto commoventi, soprattutto l’intervento dell’attrice Cristina Marsillach, protagonista in “Opera” del 1987, in cui racconta, visibilmente emozionata, la sua esperienza con Dario Argento.

Nel corso della prima e seconda parte assisteremo anche a filmati d’epoca alternati al presente con Dario Argento intento ad esorcizzare i suoi demoni che sembrano farne preda anche in tempi odierni e il tutto è condito da interventi di amici e colleghi da Michele Soavi a Luigi Cozzi fino ad arrivare a Claudio Simonetti, autore di gran parte delle colonne sonore.

La terza e ultima parte del film è invece più incentrata sulla famiglia e sulle figlie Fiore e Asia. Quest’ultima si confida molto davanti alla videocamera, si mette a nudo per raccontare sé stessa e il rapporto, non sempre semplice, con il padre che era anche regista sul set di molti film che la vedevano protagonista.

La parte più interessante è senz’altro quella in cui emerge il contrasto tra il giovane Dario Argento euforico ed entusiasta per quello che sta creando e il Dario Argento di oggi. Il regista in questo film si mostra più fragile e con una voce sottile e rende perfettamente l’idea della persona che è ora. È un dualismo questo che si ripete spesso durante il film: il maestro delle origini innovatore per lo stile di riprese e quello più soft di oggi.

Simone Scafidi dopo il meritato successo di “Fulci for Fake” torna con un docufilm che farà sicuramente la gioia dei fans più accaniti e sarà al tempo stesso una bella occasione per chi ha amato i suoi film di trovarsi di fronte, per certi aspetti, ad un inedito Dario Argento.

L’unica pecca è di aver saltato la collaborazione con George A. Romero e la profonda amicizia che li legava ma rimane comunque un grande excursus sulla carriera di uno dei registi italiani più amati in tutto il mondo.

Come per “Fulci for Fake” anche “Dario Argento – Panico” uscirà nei prossimi mesi con Midnight Factory.

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Grida dalla palude (2022)

Articolo a cura di The Crystal lake girl

GRIDA DALLA PALUDE (2022)

Guardo pochi film horror italiani recenti. Non perché non mi piacciano, ma perché la lista di visioni è talmente lunga, che si dilata a macchia d’olio facendomi perdere tante cose.

 Quando capita però l’esperienza è quasi sempre interessante.

 Forse è solo fortuna, o forse c’è davvero del buono, e andrebbe preso più in considerazione.

Conoscevo già il regista Lorenzo Lepori per il suo precedente lavoro, “Flesh Contagium“,  che ho apprezzato.

In questo suo nuovo film, “Grida dalla palude”, Lepori mischia magia, sangue, violenza, rape and revenge e omaggia l’horror old school italiano, come già fatto nel suo precedente film.

 Un connubio ben riuscito anche stavolta.

Angela vuole vendicarsi del dottor Max, responsabile della morte del marito e del figlio a seguito di un incidente.

 La donna, pedinando il medico, scopre che l’uomo, con altri due colleghi, rapisce, stupra e poi uccide delle donne. Le obbliga a scappare come prede nella palude per poi ucciderle. Angela ricorrerà così alla magia per maledire i 3 e vendicarsi.

Lepori va dritto al sodo, non si perde troppo in lunghi preamboli, che è il primo punto a favore.

 Il film è grezzo e cattivo, e lascia poco all’immaginazione dello spettatore. L’attualità del film si amalgana bene con le scene legate al maleficio che ricordano molto gli old school italiani anni 70/80. E la colonna sonora è praticamente un omaggio ai film dell’epoca. (Non voglio fare lo spoilerone, e vi lascio vedere il film per capire da cosa e chi è realmente ispirato)

 Tutti fattori davvero positivi.

 Il finale, dove Angela, anch’essa diventata preda, avrà però la sua vendetta, è anch’essa in pieno stile 80s.

Una visione forte, esplicita ma gradevole e assolutamente consigliabile.

Nel cast da segnalare oltre allo stesso Lorenzo Lepori, la bravissima Simona Vannelli e Antonio Tentori, scrittore e sceneggiatore e collaboratore storico di Lucio Fulci.

Il film è stato prodotto da Empire video e distribuito da Digitmovies.


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Occhiali neri (2022)

Articolo a cura di Dani Ironfist

OCCHIALI NERI (2022)

Diciamo le cose come stanno, quando trapela la notizia di un nuovo film di Dario Argento tutti gli appassionati del cinema horror e thriller hanno da sempre un minimo di sussulto e non nascondete questo fatto perché non vi crede nessuno.

Vuoi perché Dario Argento nel bene o nel male è stata la musa per molti di noi, quel regista che con le sue opere ha fatto avvicinare molte persone (soprattutto della mia età) ad un certo tipo di cinema, vuoi perché nonostante alti e bassi negli ultimi 30 anni ha comunque fatto conoscere il cinema horror italiano in tutto il mondo.

Mi sono avvicinato ad “Occhiali neri” con le giuste attese, anche perché non sapevo proprio cosa aspettarmi dopo i tonfi di “Giallo” e “Dracula 3D”. Oltre a questo, va aggiunto un lungo silenzio durato ben 10 anni.

La sceneggiatura è stata scritta dallo stesso Dario Argento insieme a Franco Ferrini agli inizi degli anni 2000, il progetto poi fu accantonato a causa del fallimento della casa di distribuzione con cui avevano preso accordi, la sceneggiatura è stata ritrovata dalla figlia Asia, qui in veste di attrice e produttrice.

Sinossi: Nella città di Roma alcune escort vengono brutalmente uccise da un serial killer. Anche Diana viene presa di mira dal killer ma riesce a sfuggirgli. Durante la fuga resta però vittima di un terribile incidente che le causerà la perdita della vista. Il killer non sia arrende e non smette di perseguitarla così Diana con l’aiuto del piccolo Chin e del suo cane guida Nerea dovrà lottare, nonostante la sua cecità, per non cadere vittima del maniaco.

Dario Argento aveva già affrontato in passato il tema della cecità con alcuni personaggi, è il caso di Franco Amò nel film “Il gatto a nove code” e interpretato da Karl Malden oppure di Daniel, il pianista cieco in “Suspiria” interpretato da Flavio Bucci e ribaltando poi il tutto in “Opera” dove l’occhio era costretto sotto tortura a vedere ogni cosa che accadeva.

Il film ambientato interamente a Roma, inizia tra le strade dell’EUR con l’eclisse totale di sole, un geniale presagio di quello che accadrà alla nostra protagonista, ed è in questi primi minuti che si vede il maestro dei bei tempi e in particolare quello degli anni 80. Durante tutta la durata del film, infatti, l’atmosfera è molto simile a quella di “Tenebre” con la sola differenza che il film con Antholny Franciosa e Giuliano Gemma era ambientato al 90% di giorno mentre, al contrario, “Occhiali neri” è quasi del tutto ambientato di notte.

Molto probabilmente il motivo per cui in tanti hanno storto il naso e bocciato il film è che si ha la sensazione che Dario Argento se ne sia beatamente fregato dei classici clichè del giallo all’italiana mostrando il volto dell’assassino già a metà film senza concentrarsi sull’atto dell’omicidio. Questo non deve essere per forza un difetto, per il semplice motivo che il film è narrativamente coerente e tutte le parti si incastrano ottimamente tra di loro.

Il contesto del giallo all’italiana è comunque presente nel film e si adatta perfettamente ai nostri tempi con la regia del maestro che, seppur non priva di difetti, riesce a creare la giusta atmosfera di tensione coadiuvata da una bellissima colonna sonora martellante e una fotografia cupa.

Di certo non mancano i difetti, ad esempio la recitazione non è proprio eccelsa ma sappiamo che la recitazione non è mai stato il punto forte del cinema argentiano. Questo secondo me è dovuto non solo ad una direzione attoriale poco professionale ma anche a una scelta degli attori non del tutto azzeccata. Ilenia Pastorelli, ad esempio, è un’attrice che, secondo me, è più adatta alle commedie che ai thriller. Paradossalmente, dal mio punto di vista, il film avrebbe funzionato di più, a parti invertite con Asia Argento nel ruolo della protagonista.

Concludendo, “Occhiali neri” per me è stata una bella sorpresa, un netto miglioramento rispetto a “Giallo” e “Dracula 3D”. Primi 15 minuti davvero fotonici che ricordano il miglior Dario Argento con alcune situazioni che mi hanno ricordato “Tenebre”.

Forse ci sono un po’ troppe auto citazioni e il film dura troppo poco ma nel complesso ho trovato “Occhiali neri” un film fatto più con il cuore che con la testa.

Molti storceranno il naso dopo aver letto questa recensione ma a noi non interessano né i commenti di chi deve per forza gettare merda su Dario Argento a prescindere né  i commenti da fanboy di chi deve per forza gridare al miracolo ad ogni suo film, il rispetto per un’artista come Dario Argento viene prima di tutto.

La cosa certa è che il maestro è tornato e siamo di fronte al miglior Dario Argento degli ultimi 20 anni.


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They talk (2021)

Articolo a cura di Dani Ironfist

THEY TALK (2021)

“They talk” è un film del 2021 diretto da Giorgio Bruno, scritto da Stefano Cecarelli e Vinicio Canton, prodotto dalla Bartleybyfilm e distribuito in Italia dalla Vision Distribution.

Il film nonostante sia girato in lingua inglese è una produzione tutta italiana, ambientato nell’inquietante cittadina di Twin Leaks (ogni riferimento a David Lynch non è affatto casuale) e girato completamente in Calabria.

Il film racconta la storia di Alex, un tecnico del suono che durante le riprese di un documentario registra delle strane voci. Alex cerca in qualche modo di trovare un senso a queste voci rivolgendosi a uno scienziato giapponese che studia rumori che sembrano provenire dall’aldilà. A questo punto Alex inizia a rivivere i ricordi d’infanzia trascorsa in un orfanotrofio insieme a due amici ma un’oscura presenza si farà largo tra i suoi ricordi.

Seppur con qualche difetto, il nostro Giorgio Bruno gira un film spettrale dalle atmosfere cupe e inquietanti che hanno la loro forza in una splendida fotografia. La prima parte del film ha una struttura narrativa classica fino ad una finale dove il tutto degenera in una inquietante atmosfera che ricorda vagamente il miglior Fulci. Non a caso Giorgio Bruno cita il regista romano in un paio di momenti come nella scena introduttiva che ai più appassionati ricorderà senz’altro “Quella villa accanto al cimitero”.

Sul piano tecnico il film è ineccepibile, la regia è ottima e attenta nel ricostruire le atmosfere catturando i dettagli di ogni ambiente.

La pellicola non è immune dai difetti e la nota dolente arriva dalla scrittura del film, se da una parte il soggetto di “They talk” risulta molto accattivante e degno d’interesse, il film a mano a mano che scorrono i minuti si perde nel solito thriller già rivisto molte volte e nonostante la suspence e i colpi di scena siano costruiti con mano sapiente spesso il tutto risulta abbastanza prevedibile.

I difetti maggiori si notano in fase di narrazione con il comportamento dei personaggi che in molti casi danno la sensazione di essere fuori luogo, la causa principale a mio parere risiede nel doppiaggio degli attori poco curato rispetto all’aspetto tecnico del film.

Ciò nonostante, “They Talk” darà il suo meglio nella seconda parte grazie anche ad una colonna sonora davvero ottima e onnipresente, questo non è un difetto, anzi, riesce a creare quell’atmosfera plumbea che caratterizza quasi tutta la pellicola.

In conclusione “They Talk” è un tentativo molto coraggioso da parte del regista Giorgio Bruno riuscito in parte ma che non mi sento assolutamente di stroncare del tutto in quanto a livello tecnico il film è davvero ineccepibile nella sua realizzazione e il nostro Giorgio in questa pellicola riversa tutto il suo amore per il cinema di genere, cosa che non va assolutamente sottovalutata.

Sarebbe ora che le case di produzione nostrane inizino un po’ a valorizzare i giovani talenti del nostro cinema, perché il regista catanese è uno di questi e con un budget più cospicuo molto probabilmente avremmo parlato di un altro film.

L’esempio lampante è “Freaks out” ma questa è un’altra storia…

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Il demone di Laplace (2017)

Articolo a cura di Dani Ironfist

IL DEMONE DI LAPLACE (2017)

Fosse per me avrei messo per legge l’obbligo di girare i film in bianco e nero, hanno un fascino così unico e profondo che non ha eguali.

E’ il caso del film di Giordano Giulivi uscito nel 2017 e distribuito da “Home movies”, girato in bianco e nero con la tecnica della retroproiezione, una tecnica in disuso ormai da moltissimi anni e il risultato finale lascia davvero a bocca aperta. Difatti quello che vedrete nel film, a parte qualche porta o mobile è tutto ricostruito nei minimi dettagli al computer e proiettato dietro ai protagonisti, quello che ne viene fuori farebbe saltare di gioia anche sir Alfred Hitchcock.

Prima di questo film Giordano Giulivi aveva girato uno sci-fi a bassissimo costo dal titolo “Apollo 54” che aveva alcune reminiscenze con “Dark star”, opera prima di John Carpenter. Un film che già faceva intuire il talento del regista romano.

Un gruppo di ricercatori stanno sviluppando un software che potrebbe prevedere eventi futuri. Il gruppo viene invitato in una villa su un’isola deserta da un misterioso professore interessato alle loro ricerche, una volta dentro troveranno un modellino della villa con dentro otto pedoni che mostrano in tempo reale tutti i loro movimenti, ben presto l’incubo prende forma.

Con questo film si raggiungono livelli di eccellenza con il quale in un certo modo Giulivi omaggia il senso meta-filmico rappresentando al meglio il confronto con la morte, mi fa enormemente piacere constatare che un film come “Il settimo sigillo” di Ingmar Bergman sia ancora un punto di riferimento per i registi degli anni duemila.

La scuola Hitchcockiana è molto presente in questa pellicola diretta in modo magistrale dal regista Giordano Giulivi con molti avvenimenti che avvengono fuori campo, classico stile cinematografico inconfondibile del grande Alfred, agli occhi di un buon cinefilo però questo film porterà soprattutto alla memoria il classico “Dieci piccoli indiani” (1945), thriller/noir diretto da René Clair.

A parte questi “nostalgici” dettagli “Il demone di Laplace” è un film indipendente veramente ben strutturato con tutti gli attori perfettamente in parte, cosa non da poco se si considera che spesso a penalizzare le produzioni indipendenti è la recitazione. Invece qui la recitazione è due spanne sopra la media con degli ottimi dialoghi e una riflessione sul concetto stesso del libero arbitrio sulla possibilità di scelta sulle proprie azioni. Queste in generale sono le tematiche su cui si basa tutto il film.

“Il demone di Laplace” è un film che mescola sapientemente Agatha Christie, Alfred Hitchcock e Jacques Tourneur in un connubio fantastico che lo ha portato a vincere molti premi all’estero, basta pensare solo ai premi per la migliore fotografia, migliore colonna sonora, migliori effetti visivi e migliori effetti speciali allo Screamfest a Hollywood.

E in Italia? Rimane tutt’oggi un piccolo oggetto di culto sotterraneo a cui nessuno è venuto in mente di dargli lo spazio che merita, solita storia insomma per un film che meriterebbe senza ombra di dubbio di diventare un piccolo classico anche nel suo paese natale.

Concludendo, “Il demone di Laplace” è un film che farà ricredere chi insiste sul fatto che il cinema italiano è morto ecc.., perché qui siamo di fronte ad un’opera cinematografica molto interessante e ben costruita, cinema con la C maiuscola che nonostante abbia già cinque anni non porta assolutamente i segni del tempo. Un film che vi consigliamo assolutamente di vedere e recuperare.

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Alice was my name (2021)

Articolo a cura di Dani Ironfist

ALICE WAS MY NAME (2021)

Brace Beltempo è un giovane regista che si era già fatto conoscere con il buon debutto “Carpenter’s house” (2018), il docufilm “Wild west coast” (2018) e alcuni notevoli cortometraggi come “L is for last”.

Abbiamo avuto l’onore di vedere “L is for last” e “Alice was my name” al Drag me to fest, festival horror che si svolto a Milano ad inizio Novembre.

Ed è proprio di quest’ultimo che vogliamo parlare.

Il rape&revenge è un genere che vede i suoi natali nel lontano 1960 con il film “La fontana della vergine” di Ingmar Bergman, un film violentissimo per il periodo.

Anche in Italia abbiamo una buona tradizione grazie a pellicole notevoli come quelle di Aldo Lado (L’ultimo treno della notte) e Ruggero Deodato (La casa sperduta nel parco), film usciti negli anni 70/80.

“Una volta pensavo che morire fosse la cosa più grave che potesse accadermi, ora so che non è così.”

“Alice was my name” inizia subito con la nostra protagonista Alice (interpretata da una bravissima Melissa Di Cianni) in fuga nel bosco e scampata ai suoi aguzzini. Durante il ritorno verso casa il monologo della giovane protagonista ci racconta tutto il suo dolore e di quanto sia peggiore della morte portarsi dietro per tutta la vita questo malessere interiore causato dalla violenza subita.

Alice è una giovanissima e aspirante attrice che viene chiamata per un provino, una volta arrivata sul posto viene aggredita e violentata ripetutamente da quasi tutti i membri del casting.

Nonostante il suo dolore infinito Alice brama vendetta.

Rispetto a “Carpenter’s house” si notano subito i miglioramenti di Brace Beltempo, la regia è ottima, così come la fotografia cupa e asfissiante che rende bene l’idea del viaggio che sta portando la protagonista verso la sua vendetta e un finale sorprendente.

La scena dello stupro è ben diretta e difficile da digerire per la sua lunghezza e per come la giovane attrice riesce ad essere così credibile nel suo ruolo. Vi garantisco che ho fatto abbastanza fatica a non distogliere lo sguardo dallo schermo.

Se il film ha il suo punto di forza nella trama non si può certo dire della scrittura del film, la sceneggiatura soffre un po’ in alcuni punti soprattutto per quanto riguarda la recitazione di alcuni attori e gli omicidi che vengono effettuati in modo troppo frettoloso e con troppa facilità secondo il mio punto di vista ma sono questi dei piccoli difetti che si riscontrano spesso nei film indipendenti a causa del basso budget a disposizione.

Molto importante in questo film è l’aspetto psicologico dei personaggi, il trauma di cui è vittima Alice la porterà a cambiare profondamente.

In conclusione, un plauso al regista Brace Beltempo per essersi avventurato in questo genere, il rape&revenge mancava davvero da molto tempo in Italia e il risultato finale è davvero buono con un film che nonostante i suoi difetti regala diverse emozioni.

Il film è distribuito dalla Digitmovies in una bella edizione che contiene anche i due cortometraggi di Brace Beltempo, “L is for Last” e “Shemaleficent” oltre ad alcuni videoclip girati dallo stesso regista.

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Flesh contagium (2021)

Articolo a cura di Dani Ironfist

FLESH CONTAGIUM (2021)

In un mondo devastato da una pandemia i sopravvissuti lottano per la sopravvivenza braccati dagli “esecutori”, un esercito di soldati indetti dai governi per sterminare le persone affette da mutazioni derivate dalla cura per combattere il virus. Ornella, dopo essere scampata agli esecutori, si ritrova imprigionata in un vecchio casolare, quello che all’inizio sembrava un posto sicuro diventerà il suo peggior incubo.

Il cinema di exploitation ha sempre avuto una grande tradizione nel nostro paese, grazie al contributo di maestri come Ruggero Deodato, Bruno Mattei e Lucio Fulci, tradizione che continua oggi.

 “Flesh contagium”, il nuovo film di Lorenzo Lepori, è un film che si ispira molto a questa tradizione e vede anche la collaborazione alla sceneggiatura di Antonio Tentori (sceneggiatore tra gli altri di molte pellicole di Lucio Fulci, Dario Argento e Bruno Mattei) e Alex Visani (anche produttore con la sua Empire video) . Nel cast di attori fanno parte: Shiri Binder, Pio Bisanti, Simona Vannelli e Lorenzo Lepori.

Il film ruota quasi tutto intorno ai personaggi di Udolfo (Pio Bisanti) e Ornella (Shiri Binder) descrivendo dal profondo il dramma psicologico che stanno vivendo in un connubio di prepotenza e sottomissione che porterà la persona più debole a diventare succube del suo oppressore in un mondo dove la civiltà non esiste più.

Lorenzo Lepori aveva già dimostrato in precedenza di avere una buona mano alla regia con “Notte nuda” del 2018 confermandosi anche in questa pellicola che gode oltre di un’ottima regia, anche di una bella fotografia curata da Alex Visani (fondatore della Spasmo video e regista dell’ottimo “Stomach” che trovate recensito su queste pagine). Oltre a queste degne di nota sono anche le bellissime scenografie e le ambientazioni visto che il film è stato girato interamente in Umbria.

Un film che sfocia nel body horror e che, in alcune scene, mi ha ricordato le atmosfere del classico di George Romero “La città verrà distrutta all’alba”.

Il film è stato prodotto dalla “Digitmovies” e distribuito dalla medesima in home video, disponibile in varie versioni tra cui vi consigliamo quella che comprende anche il CD della colonna sonora.

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Stomach (2018)

STOMACH (2018)

“Stomach” è un film scritto e diretto da Alex Visani, un regista cult molto amato da noi appassionati di cinema horror indipendente, un regista che ha fatto del gore e dello splatter il suo marchio di fabbrica, arrivando anche a creare la collana “Spasmo video” per la “Home movies” con la quale ha portato in Italia in home video molti cult splatter/gore da tutto il mondo (vedere il catalogo per credere).

“Stomach” racconta la storia di Alex un ragazzo che, dopo la morte misteriosa dei genitori, vive da solo in una casa rurale in campagna. Alex è tormentato da un malessere fisico interiore che lo spinge quasi al suicidio, è innamorato in segreto di Anna (sua collega di lavoro) e deve fare anche i conti con i colleghi che lo bullizzano e deridono in continuazione. Il malessere interiore e la rabbia contro il mondo trasformano il suo stomaco in qualcosa di mostruoso.
Evito di andare oltre per non spoilerare perché è un film che dovete vedere.

Girato interamente in Umbria “Stomach” funziona grazie alla buona prova degli attori protagonisti e agli effetti speciali, le scene splatter sono tutte ben girate e molto forti per chi è facilmente impressionabile, la fotografia è ottima e le ambientazioni nelle campagne umbre sono davvero stupende.
In conclusione: “Stomach” è un film da vedere e che dimostra ulteriormente che il cinema horror italiano può e deve tornare ai livelli che merita, con registi come Alex Visani questo è possibile!

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Pubblicato in origine su facebook il 27 ottobre 2020

The Antithesis (2017)

THE ANTITHESIS (2017)

Cari seguaci della cripta oggi voglio parlarvi di questo piccolo gioiellino diretto da Francesco Mirabelli, un regista con molte buone idee a mio avviso.

Sinossi: la giovane geologa Sophie Vaiani, su delega di un architetto, va a soggiornare in una lussuosa villa nella quale si verificano fenomeni anomali derivati da continui sbalzi termici estremi. Una volta stabilitasi nella villa sarà coinvolta in un vortice di orrore e delirio.

La pellicola vede come protagoniste Karolina Cernic , Marina Loi e la bravissima Crisula Stafida. Sin dalla prima sequenza si nota l’amore del regista verso i grandi maestri come Dario Argento e Lucio Fulci.
Ottima fotografia, molto curata e ottima la regia di Mirabelli che dimostra di avere molto talento dietro la macchina da presa e tanta passione per il cinema di genere.
Il film, nonostante un po’ di lentezza nei primi 20/30 minuti, funziona bene grazie alla messa in scena, alla bravura di Crisula e decolla nella seconda parte grazie ad una sceneggiatura che, nonostante qualche dialogo non proprio eccelso, riesce a mettere ansia grazie anche alle musiche di Claudio Simonetti .
Il film ha vinto il premio “miglior opera prima – premio Mario Bava” alla 37a edizione del Fantafestival.
In conclusione: un film che a me personalmente è piaciuto molto e che mi sento di consigliare a tutti gli amanti del cinema di genere.

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Pubblicato in origine su facebook l’8 dicembre 2020

https://www.youtube.com/watch?v=jn9Uej1lr6U&ab_channel=TheMovieScreening

Il tuo sepolcro la nostra alcova (Beyond the Omega) (2020)

IL TUO SEPOLCRO, LA NOSTRA ALCOVA (BEYOND THE OMEGA) (2020)

Con questo film scritto e diretto da Mattia De Pascali e interpretato da Lorenzo Lepori siamo di fronte a quella che forse è tra le pellicole più estreme e morbose mai prodotte in Italia.
Sinossi: Aristodemo è un timido ragazzo che fa il traduttore per lavoro Alla vigilia del matrimonio un maniaco uccide la sua compagna, Aristodemo cerca conforto in una bambola ad altezza naturale iniziando così un viaggio attraverso la sua follia interiore.

Quello che colpisce, oltre all’ottima prova di Lorenzo Lepori, è la fotografia, davvero stupenda e curata nei minimi dettagli, cosa che si nota raramente nelle produzioni indipendenti.
Un film ben diretto che trae ispirazione dai capolavori italiani anni 70/80, come si può notare anche dal titolo, e di cui consiglio la visione.
Per quanto mi riguarda, uno dei migliori film usciti nel 2020, e nonostante stiamo parlando di cinema indipendente, questo film meritava di passare prima nelle sale.
Il film è distribuito in dvd e bluray dalla home movies / Digitmovies.

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Pubblicato in origine su facebook il 21 novembre 2020