Alien di Ridley Scott è più attuale adesso che nel ’79?

Editoriale a cura di Martin Quatermass

“Alien”, nel 1979, uscì in un universo post-femminista, post-pillola anticoncezionale, post-Stonewall,
quando un futuro egualitario sembrava non solo possibile, ma probabile. Tuttavia, “Alien” è diventato
così radicato nel firmamento della cultura pop che difficilmente ci soffermiamo a riflettere sul modo
in cui riflette la politica della sua epoca. È un peccato, perché “Alien” non è mai stato così attuale come
nel 2023.
Uscì sei anni dopo la sentenza Roe v. Wade, sette anni dopo che la Corte suprema rese legale l’uso di
anticoncezionali per le persone non sposate e dieci anni dopo che le rivolte di Stonewall diedero il via
al movimento per i diritti LGBT. Alla fine degli anni ’70, la controcultura giovanile degli anni ’60 aveva
da tempo normalizzato il sesso occasionale e prematrimoniale. Il feroce movimento cristiano anti-
choice, il contraccolpo antifemminista, l’epidemia di AIDS e il grande spostamento a destra degli anni
di Reagan erano di là da venire.

Eppure, “Alien”, in qualche modo, aveva previsto l’arrivo di una tempesta. Il film è ambientato sull’astronave Nostromo, che indaga su una richiesta di soccorso su un
pianeta lontano e trova prove di vita aliena e, altrettanto rapidamente, scopre che la “vita aliena” è
un’inarrestabile macchina assassina votata alla riproduzione. La sua trama è una sorta di allegoria in
cui un futuro di genere egualitario e sessualmente liberato viene fatto a pezzi da un mostro la cui
unica preoccupazione è ingravidare tutti contro la loro volontà.
Le politiche di genere di “Alien” sono sorprendentemente progressiste, anche oggi. La Ellen Ripley di
Sigourney Weaver è uno dei più grandi esempi di “protagonista femminile forte” del cinema. Non è la
moglie, la fidanzata o la madre di nessuno, un personaggio le cui caratteristiche principali sono il suo
infallibile buon senso e la sua capacità di mantenere la calma mentre tutti gli altri sono nel panico.


Ma una parte della sua grandezza, che rompe gli stereotipi di genere, deriva dal fatto che
inizialmente non era stata scritta come donna. Come è noto, tutti i ruoli della sceneggiatura originale
di “Alien” erano neutri dal punto di vista del genere, con il solo riferimento al cognome e l’aggiunta dei
pronomi quando i registi hanno assegnato le parti. Ripley non è mai costretta a conformarsi agli
stereotipi femminili e i membri maschi dell’equipaggio non la trattano in modo diverso da come
farebbero con un leader maschio, perché la sceneggiatura non definisce mai Ripley in base al suo
genere.
Quando lo Xenomorfo dà il via alla strage, il film diventa ancora più politico: “Alien” è un film sulla
tirannia del corpo sull’Io. La cultura e la tecnologia ci consentono un certo grado di autonomia
riproduttiva e sessuale. “Alien” parla di quanto sia terrificante vedersi sottrarre tutta questa facoltà da
qualcosa che ti definisce solo in base al tuo corpo, di come ci si senta a essere trasformati da un
essere umano a un contenitore carnoso che può essere usato per ospitare e far nascere i piccoli di
qualcun altro. Questo terrore è più vicino a noi nel 2023 di quanto non lo fosse nel 1979.
L’equipaggio della Nostromo incarna la politica sessuale verso la quale sembrava ci stessimo
muovendo alla fine degli anni ’70. I progressi nel controllo delle nascite, nell’aborto e nelle terapie
per l’affermazione del genere, insieme alla rinuncia alle norme (etero)sessuali, erano destinati a
creare un mondo in cui l’anatomia riproduttiva non definiva una persona e di fatto non era nemmeno
rilevante per la maggior parte del tempo.

Quando Ridley Scott e lo sceneggiatore Dan O’Bannon hanno concepito il loro mondo, sembrava improbabile che quei progressi sarebbero stati annullati. Eppure,
nel 2023, il parto forzato è sempre più un dato di fatto, negli Stati Uniti 13 Stati (più altri 11 che
vorrebbero seguire la stessa scia) hanno imposto un divieto totale all’aborto, con la previsione di
severe pene detentive tanto per le donne che si sottopongono a questa procedura quanto per i
medici e gli operatori sanitari che la praticano.
Quasi certamente Scott non intendeva fare di “Alien” una polemica sull’importanza dei diritti
riproduttivi, ma l’obiettivo degli alieni, che consiste nel costringere le persone a servire come bersagli
sessuali e riproduttori, che lo vogliano o meno, è condiviso dalla magistratura controllata dai

repubblicani (e non solo), dalla destra cristiana omofoba e anti-choice e in generale dalle varie
agende conservatrici.
La cultura, la tecnologia, la medicina – tutti gli strumenti che ci aiutano a vivere nei nostri corpi
mantenendo l’autonomia e l’agency su di essi – non sono solo necessari, sono ciò che ci rende umani.
“Alien” ci sembra vero, 45 anni dopo, perché comprende questa verità. Ci mostra che l’esistenza
animale bruta e insensata – una vita che si preoccupa solo di fare altri bambini, a qualunque costo – è
orrenda, terribile e distruttiva. Ma “Alien” è stato preveggente anche in un altro modo, che si sente
molto oggi: lo Xenomorfo non può fare a meno di uccidere le persone. In un certo senso, non ha
colpe.

Il vero nemico è la corruzione e l’avidità umana che ha mandato le persone nelle grinfie del
mostro; gli alieni possono uccidervi, ma solo perché gli umani li hanno lasciati entrare.

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