The Nun II (2023)

Articolo a cura di The Crystal Lake Girl

THE NUN II (2023)

Sembra che Michael Chaves stia lentamente migliorando. Dopo il fiascone de “La Llorona”, che è e resta il peggiore della saga Conjuriana e uno dei peggiori film horror in assoluto, il terzo capitolo di “The Conjuring – Per ordine del Diavolo”, non pessimo ma molto sotto ai primi due, riesce stavolta a darci qualcosa di decente.

“The Nun 2” continua la storia del precedente capitolo, che ci racconta la storia e la genesi del demone Valak. Dopo gli eventi al monastero di Santa Carta, suor Irene è ora tranquilla in un altro monastero. Nessuno qui sa nulla del suo passato.

Purtroppo, però la quiete viene guastata quando la suora ha nuovamente delle visioni. E scoprirà presto che Maurice non è al sicuro. Il ragazzo infatti è stato posseduto dal demone, che lo ha usato per sfuggire alla relega all’inferno, ed ora si sta facendo avanti per cercare di tornare ad avere poteri anche più forti di prima. Per farlo però dovrà di nuovo vedersela con suor Irene. In sostanza è questo ciò di cui parla il film. Quindi nulla di nuovo.

Non potendo fare spoiler mi limiterò, cercando di essere abbastanza chiara.

Mi aspettavo sinceramente qualcosa di molto scialbo e in linea con le “solite” pellicole proposte. Quindi mi aspettavo una completa delusione. Non che la cosa mi facesse dispiacere. Lo metto sempre in conto con questo tipo di prodotti. Mi sono dovuta ricredere, almeno un po’ dai.

C’è comunque da dire che due ore (quasi) sono anche troppe, il precedente durava una ventina di minuti in meno ed è sicuramente molto ben ottimizzato in questo senso.

Qui abbiamo diversi elementi che si incontrano: si approfondisce la vita personale di suor Irene, elemento che però serve perché strettamente collegato all’evoluzione della storia, momenti “romantici” e momenti alla “Indiana Jones” in quanto stavolta c’è di mezzo una reliquia di Santa Lucia e bisognerà trovarla con uno stratagemma che mi ha appunto ricordato Indy. Il tutto non stona, ma serve ad un film del genere?

L’elemento jumpscare è presente, ma in maniera dosata per fortuna. Chaves cerca di stupirci, questo è indubbio, ma il rischio di esagerare è sempre dietro l’angolo. E così il rischio di cadere nel ridicolo. Cosa che accade nella scena col caprone. Che credo sia l’unica cosa che mi ha fatto davvero storcere il naso.

Ottima invece quella dell’edicola sulla strada, anche se potrebbe sembrare un po’ fuori contesto con l’epoca. Mi è piaciuta anche la location, la scuola femminile, ex monastero, è abbastanza suggestiva, forse più del monastero del precedente film.

Tirando le somme, “The Nun 2” è il solito film di intrattenimento, con poca tensione e jumpscare abbastanza telefonati, ma con la buona volontà di stupire lo spettatore inserendo una storia che va oltre l’orrifico e tocca l’amicizia, l’amore e la fede.

Non convince del tutto ma è sicuramente sufficiente.

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© Beyond the Horror Blog 2023

La casa – Il risveglio del male (2023)

Articolo a cura di The Crystal Lake Girl

LA CASA – IL RISVEGLIO DEL MALE (2023)

Uscire dalla sala più che soddisfatta era una cosa che non accadeva da tempo. Cosa positiva aggiungerei. Se poi aggiungiamo che era la mia prima “prima”. Direi ancora meglio.

Il film è “La casa – Il Risveglio Del Male”, nuovo capitolo della saga creata da Sam Raimi 40 anni fa più o meno. Saga, che ricordiamo, ha come base sangue a go go. Non ne rimarrete delusi.

 Il film è scritto e diretto da Lee Cronin.

Partiamo col dire che questo quinto film legato alla saga è però slegato da personaggi e storia. Ci sono i “Deadite”, c’è un libro dei morti, ma i personaggi sono “nuovi”. E stavolta, il nostro Ash è donna. Ovviamente se non contiamo il remake.

Dopo una piccola introduzione all’insegna del gore e dello splatter, perché già dai primi minuti è bene mettere in chiaro la linea del film, ci ritroviamo in California. Beth va a trovare la sorella Ellie e i suoi 3 nipoti. C’è però un terremoto e i tre ragazzi trovano uno strano libro nascosto in un buco (la faccio semplice eh!). Ovviamente è uno di quei libri che non vanno aperti, e se ci aggiungiamo dei vinili con delle strane formule incise, abbiamo fatto tombola.

 In pochi muniti ecco che il male si risveglia e va in cerca di qualcuno da possedere e trasformare in quello che conosciamo molto bene, se abbiamo visto i film di Raimi ovviamente.

Ellie è la prescelta e verrà posseduta alla vecchia maniera… Beh un pochino rivista per il tempo e il luogo. Da lì inizierà un vero e proprio incubo per Beth e i ragazzi. Cercare di contenere un Deadite non è una passeggiata. E non è una cosa usuale. Tutto questo in un crescendo di gore non indifferente. Un plauso sicuramente va fatto alla Ellie di Alyssa Sutherland, inquietante ma allo stesso tempo conturbante.

Un film che non si basa solo su jumpscare (sono pochi e non esagerati), che cita il film originale (e non solo, se state bene attenti) con piccoli particolari che lo impreziosiscono.  Un giro sulle montagne russe, dove tutto diventa sempre più rosso e disperato.

E da anche spazio ad un possibile continuo che, se sfruttato bene, potrebbe essere interessante. Per il momento uno dei migliori film dell’anno secondo me.


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Scream VI (2023)

Articolo a cura di The Crystal lake Girl

SCREAM VI (2023)

Nel 1996 con Scream, Wes Craven ha dato una scarica di defibrillatore allo slasher, e lo ha riportato in vita. Che poi sia sopravvissuto senza ottenere i fasti degli anni d’oro, è comunque un risultato.

 Scream è un film importantissimo per il genere, ma non è questo il luogo per approfondire.

Il 9 marzo è uscito il sesto capitolo, di quella che ormai è una saga consacrata. Senza troppi preamboli, abbiamo quasi abbandonato il cast originale, ormai c’è solo Courtney Cox, e ci dirigiamo ufficialmente verso una nuova era.

Sydney Prescott ha passato il testimone l’anno scorso. E personalmente, anche se con una punta di tristezza, l’ho trovato più che giusto. Quello che vediamo in questo sesto capitolo, è il tentativo delle sorelle Carpenter di trovare la pace dopo gli eventi dello scorso film.

 Cosa impossibile ovviamente.

 Ghostface le troverà anche a New York, dove si sono trasferite e comincerà a perseguitarle uccidendo chiunque sia loro vicino. Un Ghostface davvero violento ed efferato, forse ancora di più che nel capitolo precedente.

 Sangue e budella si vedono molto più frequentemente, restando sempre in ambito slasher si intende. Come al solito nessuno è al sicuro e non ci si può fidare di nessuno.

 La caccia alla scoperta di chi sia Ghostface, si mescola al ritmo del film, molto serrato e che non lascia respiro tra un agguato ed un altro.

Anche in questo caso la citazione all’ horror old school è quasi onnipresente, ma non è opprimente. E ho trovato il tutto inserito in maniera consona e non a casaccio tanto per fare i fan boy. Il criterio c’è e si vede. Un piano che per il momento, a mio avviso, sta funzionando bene e ci porterà con curiosità al prossimo capitolo.

 Un piano che mescola, sfumati, i capitoli precedenti con i nuovi, li amalgama e piano piano crea una continuità ben studiata. Capisco sicuramente chi non apprezza perché affezionato all’idea originale, e non li biasimo.

 C’è da ammettere però, che siamo di fronte a dei buoni prodotti, che non solo ci ricordano il passato, ma che creano un ponte che ci accompagnerà nel futuro, creando una continuità che non guasta. Operazione che non è riuscita con altre saghe (di cui non parlerò in questo articolo perché non è pertinente né giusto fare paragoni) secondo me.

In conclusione ho apprezzo molto questo capitolo, ed è un sollievo per me vedere che almeno in questo caso, si sia fatto un lavoro che può mettere d’accordo sia i vecchi fan che chi si approccia solo ora alla storia. Quindi divertimento assicurato con anche un buon criterio di realizzazione.


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X – A sexy horror story (2022)

Articolo a cura di Dani Ironfist

X -A SEXY HORROR STORY (2022)

Mi fa sempre enormemente piacere constatare come un grande maestro come Tobe Hopper detti ancora legge nel 2022, si perché in questo nuovo film di Ti West sono molti i richiami ad un certo tipo di cinema horror degli anni ’70 e al suo grande capolavoro “Non aprite quella porta”.

Sono passati quasi 10 anni dall’uscita dell’ultimo film horror di Ti West, “The sacrament” (2013), un found footage che racconta del massacro di Jonestown. Prima di allora il giovane regista statunitense si era già fatto un nome con alcune pellicole di notevole spessore come “House of the devil” (2008) e “The Innkeepers” del (2011).

Dopo la parentesi western con l’ottimo “Nella valle della violenza” del 2016, Tim West torna all’horror e lo fa con uno slasher a dir poco sorprendente.

In “X” il sesso assume la chiave centrale nel contesto narrativo del film e Ti West ce lo dimostra da subito nella prima scena dove un televisore lasciato acceso trasmette il discorso di un “conservatore” che demonizza con tono aggressivo l’ascesa del porno e la totale libertà sessuale nella quale la società sta progredendo.

Siamo infatti nel 1979, una giovane troupe decide di girare un film per adulti nelle zone rurali del Texas, ma l’anziana coppia che ospita i ragazzi in una fattoria isolata e indisturbata, comincia a nutrire un interesse lascivo per i giovani attori. Durante la notte, questo interesse morboso esploderà in tutta la sua violenza e terrore.

In questo film viene trattato in maniera non banale il tema della decadenza fisica della vecchiaia che può portare a provare invidia e rabbia nei confronti dei ragazzi che vivono la loro giovinezza e bellezza in maniera sfrontata e disinibita. Questa rabbia, data dallo scollamento tra quello che vorrebbe fare la mente e quello che consente il corpo ormai in decadenza, sfocerà in azioni sempre più violente e cruente.

Ti West grazie anche al supporto della A24 riesce a mettere in scena un film che conquisterà fin da subito lo spettatore complice anche le meravigliose atmosfere anni ’70 e un connubio tra sesso e terrore che non si vedeva da molto tempo. Una fotografia sporca ti fa respirare quell’aria afosa che pervade quelle zone del Texas con la regia di Ti West che riesce a creare anche momenti di tensione molto alti e di questo va dato atto al regista statunitense visto anche le sue doti ormai consolidate.

Considerando che negli ultimi mesi sono usciti diversi film tratti da franchise di successo come “Halloween”, Scream” e, appunto, il sequel di “Non aprite quella porta”, essi soffrono molto del fatto di rivolgersi troppo alla fan base con risultati molto deludenti e a tratti banali e scadenti.

Ti West al contrario nonostante si rifà molto agli slasher sopra citati riesce a distinguersi creando un film divertente, violento e scomodo con tutto il cast in grande forma con Mia Goth sugli scudi nel doppio ruolo protagonista e antagonista.

In conclusione “X – A sexy horror story” riesce nel suo intento di far divertire lo spettatore lasciandogli addosso anche un briciolo di nostalgia e commozione e il tutto condito da una meravigliosa colonna sonora, violenza, battute e meta-riferimenti, a completamento di tutto qualche scena di nudo per rendere felice il pubblico.

Il film è attualmente in sala grazie alla Midnight factory, realtà da sempre attenta alle uscite di qualità e presto uscirà anche il prequel “Pearl”, sempre diretto da Ti West e che ci racconterà la vita di “Pearl” l’anziana antagonista di “X – A sexy horror story”.


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Studio 666 (2022)

Articolo a cura di Dani Ironfist

STUDIO 666 (2022)

Dite la verità, quante band in studio hanno sognato o immaginato di decapitare i propri compagni di band con un piatto da batteria? Non vi preoccupate, Dave Grohl e i Foo Fighters con “Studio 666” hanno trasformato i vostri sogni in realtà cinematografica.

Dopo aver diretto due documentari, “Sound city” (2013) e “Sonic Highways” (2014), Dave Grohl si scatena in questa horror comedy diretta da BJ Mc Donnell e interpretata dagli stessi Foo Fighters nel ruolo di loro stessi.

Dopo anni di successi i Foo Fighters iniziano a soffrire di mancanza di ispirazione e grazie al loro manager per ritrovare la creatività persa trovano sistemazione in uno studio di registrazione all’interno di una misteriosa casa dove anni prima c’è stata una mattanza, una band dal nome “Dream Widow” veniva sterminata.

Il nome della band viene preso dal titolo del disco omonimo realizzato da Dave Grohl nel corso del 2021 e “Studio 666” è stato realizzato anche con l’intento di accompagnare con il film l’uscita discografica.

La storia è classica ma “Studio 666” è un horror con alcune trovate ad effetto che vi farà divertire e riportare indietro agli anni 80, durante il film sono infatti molti i riferimenti alle pellicole cult anni 80, da “Morte a 33 giri” a “Rock N’Roll nightmare”.

“Studio 666” è un onesto tributo al cinema horror anni 80 e sono molte le somiglianze con i due “Evil dead 2” di Sam Raimi e come era capitato ad Ash anche il buon Dave Grohl dovrà fare i conti con la potenza malvagia del Necronomicon, eh sì, avete letto bene!

Il film è stato girato interamente nella villa in cui Foo Fighters hanno registrato il loro ultimo album del 2021, “Medicine at midnight”.

 Era facile cadere nella mediocrità, invece il buon Dave ci regala una pellicola che vive praticamente di vita propria tra schizzi di sangue, decapitazioni e quanto altro per la gioia di ogni maniaco dell’horror e, nonostante sia povero a livello di trama, “Studio 666” diverte e fa crescere l’attesa per la carneficina finale bilanciando perfettamente l’horror con la commedia.

Purtroppo si nota chiaramente che i nostri non sono dei veri attori, il loro lato comico lo si intuiva da alcuni video dei Foo Fighters (“Big Me” è un esempio) e il fatto di aver girato molti videoclip li fa sentire a loro agio davanti le telecamere ma la recitazione è chiaramente dilettantistica. Ciò comunque non incide molto sul film ed è proprio Dave Grohl l’unico che riesce a tenere in piedi tutto il film imitando in molti casi Bruce Campbell (“Evil dead 2”).

I Foo Fighters si sono divertiti un sacco nel realizzare “Studio 666” lo si nota e soprattutto sono supportati da una parata di stelle che ogni tanto appaiono in numerosi camei, tra i quali vediamo Kerry King (chitarrista degli Slayer), Lionel Richie, Jeff Garling, Jimmi Simpson, Will Forte, Jenna Ortega e la leggenda dell’horror, John Carpenter che, oltre a comparire in alcune scene, ha composto il tema portante del film.

BJ Mc Donnell dopo l’ottimo “Hatchet III” e alcuni videoclip girati per gli Slayer mette in scena un film che diverte con all’interno scene di puro horror con decapitazioni, squartamenti e torture varie. Questo è “Studio 666”, una spassosa horror comedy che omaggia il cinema horror degli anni ’80 il cui riferimento al secondo capitolo di “Evil dead” (“La casa 2”) di Sam Raimi è costantemente presente durante tutta la durata del film con alcuni camei incredibili che faranno impazzire i fans dei Foo Fighters ma anche di chi come me non ha mai apprezzato la loro proposta musicale, nel secondo caso ad ogni modo godrete nel vedere numerosi demoni che massacrano la band americana.

Resident evil: Welcome to Raccoon City (2021)

RESIDENT EVIL: WELCOME TO RACCOON CITY (2021)

Non sapevo proprio cosa aspettarmi da questo nuovo reboot della serie videoludica dedicata ai famosi videogames ideati dalla Capcom.

Chi scrive ha adorato i primi tre capitoli della saga passando intere giornate e nottate davanti allo schermo

Dopo le prime dichiarazioni della produzione che davano il film come molto più fedele ai videogames della Capcom, rispetto ai precedenti, l’attesa era molta nonostante i tentennamenti che ho avuto già dalla prima visione del trailer.

Purtroppo, l’attesa non è stata ripagata, soprattutto per la seconda parte del film ma andiamo con ordine.

Sinossi: Un gruppo della polizia di Raccoon city denominata “S.t.a.r.s” viene inviata in missione in una villa dove è stato rinvenuto un cadavere, nel frattempo Leon Kennedy (la nuova recluta) e Claire Redfield (in cerca del fratello Chris) arrivano a Raccoon city.

Un terribile virus è sfuggito dai laboratori della Umbrella corporation trasformando la popolazione in feroci morti viventi e creature di ogni tipo.

I nostri avranno a disposizione un’intera notte per fuggire e capire cosa sta succedendo.

Se da una parte i luoghi sono stati ricostruiti in maniera esemplare, ad esempio la villa e la facciata della stazione di polizia sono quasi identiche non si può dire la stessa cosa per il resto del film.

Gli avvenimenti che si susseguono durante il film sono tutti sballati se confrontati con la serie videoludica, alcuni personaggi sono stati completamente stravolti, soprattutto Leon Kennedy che viene descritto come uno sfigato pivellino e bullizzato dal capo e i compagni di squadra. Il suo personaggio poi si evolverà in un modo inaspettato e alquanto ridicolo. Purtroppo, qui si sente molto la mancanza di un personaggio “di peso” e carismatico come era Alice (Milla Jovovich) nei capitoli dei primi anni 2000 diretti da Paul W.S. Anderson, Alexander Witt e Russell Mulcahy.

I personaggi sono poco convincenti in molti frangenti e la sceneggiatura è banalmente presa più dal remake di “Resident evil 2” che dal videogioco originale degli anni 90 arrancando per tutto il film con dialoghi indecenti. Per i primi 40 minuti non succede praticamente nulla con il primo zombi che fa la sua comparsa dopo quasi un’ora di film e facciamo solo la conoscenza dei vari personaggi che si avventurano in due scenari diversi: Chris Redfield, Jill Valentine e il resto del gruppo verso la villa, Leon Kennedy e Claire Redfield si avventurano nei sotterranei della stazione di polizia nel tentativo di raggiungere la villa.

Un vero peccato perché le storie dei videogiochi partivano subito a bomba e si entrava subito in azione, una scelta di sceneggiatura questa che mi ha fatto molto incazzare.

La seconda parte del film al contrario si trasforma in un survival movie lontano anni luce dalle atmosfere cupe dei videogiochi della Capcom con le prove degli attori abbastanza sottotono e alcune scelte di narrazione al limite dell’imbarazzo con scene assurde girate completamente al buio dove non si capisce come i nostri riescono a combattere contro gli zombi. Roba da fantascienza.

Si poteva fare meglio? Decisamente sì. Il potenziale c’era tutto e, a mio avviso, era meglio contestualizzare tutto il primo capitolo videoludico invece di fare un mix dei primi due capitoli, così facendo è venuto fuori un gran pastrocchio che dai videogames prende solo alcune citazioni.

Ci sono anche dei pregi, non tutto è da buttare, gli effetti speciali sono ottimi (meravigliosa la ricostruzione del mostro con l’occhio sul braccio), la fotografia cupa e la regia sono comunque ottime e questo lo dico da non estimatore di Johannes Roberts .

In conclusione: se avete amato e giocato ai videogiochi della Capcom, dopo le premesse annunciate, con tutta probabilità rimarrete delusi come il sottoscritto, a chi non conosce i videogiochi piacerà, si tratta solo di un discreto film horror con gli zombi.

Per quanto mi riguarda preferisco il primo “Resident evil” di Paul W.S. Anderson e il terzo di Russell Mulcahy, nonostante erano molto distanti dalla serie videoludica avevano delle atmosfere decisamente più legate ad un certo tipo di cinema horror, soprattutto il terzo capitolo con le sue atmosfere romeriane.

Consiglio se andate a vederlo di rimanere dopo i titoli di coda, ci sarà una scena molto importante per lo sviluppo del franchising.

Dani Ironfist

Malignant (2021)

MALIGNANT (2021)

James Wan non ha certo bisogno di tante presentazioni, creatore di due franchise di grande successo partiti con due suoi film, ovvero, “Saw – L’enigmista” e “L’evocazione – The conjuring”, quest’ultimo ha dato il via ad un universo parallelo con molti film prodotti dallo stesso James Wan,

Dopo la parentesi (mediocre per chi scrive) fantasy con “Aquaman” e il settimo capitolo di “Fast & Furious” (intervallato dal secondo capitolo di “The conjuring”), James Wan torna finalmente al genere che lo ha reso più famoso.

Avendo apprezzato i suoi film horror precedenti “Malignant” da parte mia era molto atteso e in parte non ha deluso le mie aspettative.

Come sempre quando si parla di film appena usciti al cinema evito di scrivere molto sulla trama per evitare spoiler, mi voglio in questo caso soffermare su alcuni aspetti positivi del film e su quello che ho trovato di negativo (in questo caso poco a dire il vero).

Sinossi: Madison (interpretata da una splendida Annabelle Wallis) è paralizzata da visioni scioccanti di orribili omicidi e il suo tormento peggiora quando scopre che questi sogni ad occhi aperti sono delle terrificanti realtà.

Già dalle prime immagini si notano tutti gli elementi che contraddistinguono lo stile di James Wan. La fotografia è spettacolare e, in molte scene, rimanda al gotico del maestro Mario Bava, ad esempio la scena del terzo omicidio sembra estratta dal film “Sei donne per l’assassino”.

Wan sa il fatto suo su come stare dietro la macchina da presa e lo dimostra in alcune sequenze incredibili come quando segue la nostra protagonista dall’alto durante la fuga in casa o nella devastante scena iniziale che si svolge in un ospedale. Ci sono scene pazzesche con movimenti della macchina da presa e inquadrature che vanno dal basso verso l’alto che farebbero girare la testa a molte persone.

Una meraviglia per i nostri occhi vedere un James Wan così in forma e tornare ai fasti dei suoi esordi con “Saw – l’enigmista” e “Dead silence”.

La quasi totale assenza di jumpscare, cosa alla quale ci aveva ormai abituati, rendono “Malignant” un film godibile anche grazie ad una sceneggiatura e una forza narrativa che tengono incollato lo spettatore allo schermo per tutto il film trasmettendogli quel senso di terrore che si è un po’ perso in questi ultimi anni, soprattutto per quanto riguarda l’horror statunitense.

Ottimi gli effetti speciali usati con maestria, soprattutto nel finale quando si scopre la verità. Lo spettatore si troverà smarrito e costretto a tornare indietro per ricostruire i fatti avvenuti e mettere al loro posto tutti pezzi del puzzle, una sensazione che già si avvertiva anche in “Saw”.

In “Malignant” traspare tutto l’amore di James Wan per il cinema italiano anni 60/70, dal gotico di Mario Bava al giallo/thriller di Dario Argento fino a quel modo di fare horror tipico degli anni 90.  Di certo il nostro non ha mai nascosto questa sua passione anche in alcuni dei film precedenti ma è in “Malignant” che si assiste a un grande ritorno all’horror per il regista di origini malesi. Il punto un po’ più debole è rappresentato dal finale troppo “matrixiano” e pomposo che non mi ha convinto molto, ciò non va però ad intaccare la bellezza di questo film, uno dei migliori di James Wan e uno dei migliori usciti nel 2021.

Un film da vedere assolutamente in sala per la fotografia eccellente e un sonoro quasi assordante.

In conclusione: perché dovrei consigliare la visione di “Malignant”? La risposta è semplicissima: finalmente dagli Usa arriva un grande film horror con tutti gli ingredienti del caso, suspence, splatter, tensione e finalmente una sceneggiatura solida e priva di dialoghi imbarazzanti.

Ci sono tutte le caratteristiche in “Malignant” per renderlo uno dei migliori horror del 2021.

Dani Ironfist

Old (2021)

Articolo a cura di Dani Ironfist

OLD (2021)

C’era molta attesa da parte mia per questo nuovo film M.N Shyamalan, talentuoso regista di origine indiane.

Film come “Signs”, “The village”, “Split” e “Unbreakable – Il predestinato” mi avevano colpito per il suo stile di regia molto vario nonostante ritenga Mr. Shyamalan un regista un po’ troppo bipolare.

In questa pellicola Shyamalan è anche produttore e sceneggiatore mentre il soggetto è stato preso dalla graphic novel di Pierre Oscar Levy e Frederick Peeters, “Il castello di sabbia”.

Il film racconta di un gruppo di persone in vacanza in una zona tropicale, ben presto però scopriranno che la spiaggia appartata dove si trovano li sta facendo invecchiare rapidamente.

Old” conferma in parte le mie attese, se da una parte lo stile di regia è mantenuto su ottimi livelli non si può dire altrettanto per quanto riguarda la sceneggiatura, purtroppo quello che abbassa l’asticella sono i dialoghi che a tratti risultano banali e fastidiosi, ci sono trovate durante il film come quella del neonato che ho trovato poco rilevante nel contesto narrativo del film e un finale buttato lì troppo frettolosamente.

Un finale non proprio azzeccatissimo che ci spiega tutto in pochissimi minuti ma questo molto probabilmente è derivato dai tempi di realizzazione ristretti a causa di un uragano che ha completamente distrutto il set durante le riprese e prontamente ricostruito.

Come dicevo in precedenza nonostante questi difetti il film mi è piaciuto, la regia di Shyamalan è veramente ottima con dei movimenti di macchina da presa di grande spessore e inquadrature dall’alto veramente spettacolari grazie ad una bellissima ambientazione e ad una fotografia eccellente.

Grazie anche ad un ottimo montaggio il regista di origine indiane riesce a creare una buona tensione riuscendo a tenere incollato allo schermo lo spettatore nonostante i difetti descritti in precedenza.

Nel cast troviamo l’ottimo e giovane attore Alexx Wolf (protagonista nei due capitoli “Jumanji” e nell’esordio di Ari Aster “Hereditary – le radici del male”), Gael Garcìa Bernal e la bravissima Vicky Krieps.

In conclusione, un buon film da vedere e che mette ancora in mostra il talento di M. N. Shyamalan dietro la macchina da presa ma dal quale mi aspetto ancora quel grande salto che gli manca o per lo meno un ritorno alla qualità dei suoi primi lavori.

Un film che nonostante alti e bassi si lascia vedere con piacere e si candida ad ogni modo tra i migliori del 2021.

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A Quiet place II (2020)

A QUIET PLACE II (2020)

Finalmente dopo tanti rimandi “A quiet place II” è uscito in questi giorni. Personalmente ritengo il primo film uno dei migliori film horror/Sci fi usciti negli ultimi anni e per questo l’attesa era tanta.

Ne è valsa la pena? Direi proprio di si perché per certi aspetti è superiore al primo capitolo ma, c’è un ma..

Il film riprende dal punto in cui ci siamo lasciati con il primo capitolo ad esclusione dei primi quindici minuti dove assistiamo ad una sorta di prequel, da subito però si notano i miglioramenti di John Krasinski dietro la macchina da presa.

I mostri sono molto più curati e presenti durante tutto il film, molto probabilmente ciò è dovuto ad un budget a disposizione molto più sostanzioso rispetto al primo film. A mio avviso è stato infilato qualche jumpscare di troppo, ed è qui che c’è un ma…

Dopo il successo planetario del primo film ho avuto l’impressione che in questo seguito, in alcune scelte di regia e sceneggiatura, sia stata scelta una strada un po’ più commerciale rispetto al primo film. Come in alcune ambientazioni che ricreano situazioni tipiche di film apocalittici in cui alcuni sopravvissuti riescono a trovare un luogo che non viene toccato da ciò che sta devastando il resto del mondo

I dialoghi sono più presenti azzerando così l’atmosfera surreale che si respirava durante la visione del primo film e l’evoluzione del personaggio della figlia lascia un po’ di amaro in bocca soprattutto nel finale.

Il film comunque è molto adrenalinico, c’è molta più azione e si assiste a un susseguirsi di colpi di scena che però vengono risolti in poco tempo.

In fondo avrei preferito un approfondimento di alcuni nuovi personaggi, in particolare quello di Cillian Murphy, da segnale che nel film appare anche Wayne Duvall.

Nonostante qualche difetto il film riesce a tenere in tensione e incollati allo schermo per tutti i 97 minuti, grazie ancora una volta alla splendida prova di Emily Blunt e si candida tra i migliori film del 2021.

Peccato per il finale apertissimo ad un terzo capitolo e ora il rischio di diventare un franchising svuotato completamente dell’originalità che contraddistingueva il primo capitolo è molto alto.

Confido nel buon Krasinski e spero che non deluda le aspettative di chi come me ha apprezzato molto questi due film preferendo comunque il primo capitolo per atmosfera e il coraggio di mettere in scena un film praticamente muto al 95%.

“A quiet place 2” solo negli Usa ha già incassato oltre 130 milioni di dollari. Questo buon risultato, unito al successo del primo film, è indice che il pubblico è ancora capace di apprezzare un prodotto di qualità e non sempre è succube delle multinazionali che propinano film mediocri uno dietro l’altro.

Correte a vederlo, questo è il classico film da vedere in sala!

Dani Ironfist

Run (2020)

Articolo a cura di Frina

RUN (2020)

Arrivato al cinema pochi giorni fa dopo lo slittamento dovuto al virus, “Run” è il secondo film diretto dal regista americano ma di origini indiane, Aneesh Chaganty, dopo l’ottimo debutto del 2018, “Searching”.

“Run” racconta la storia di un rapporto sinistro tra Diane e Chloe, madre e figlia interpretate rispettivamente da Sarah Paulson e Kiera Allen. Diane ha cresciuto sua figlia nel totale isolamento sin dalla nascita, ma i segreti della madre stanno per venire a galla.

“Run” è un thriller psicologico ben strutturato che tiene in tensione e incollati allo schermo tutto il tempo dimostrando come l’amore ossessionato di una madre può trasformare la vita di un figlio in un incubo.

Ottime e convincenti le due protagoniste che si calano perfettamente nei due personaggi, mi è piaciuta anche la regia di Aneesh Chaganty, dove non mancano i colpi di scena anche se un po’ telefonati.

Di sicuro “Run” non fa gridare al miracolo per originalità ma se ci riuscite trovatemi 10 film usciti dal 2000 ad oggi che non sanno di già rivisto in passato.

Un film che vi consigliamo di vedere in sala, al buio e con il volume a palla, sicuramente vi arriverà qualche tremolio addosso e questo è frutto dell’ottima messa in scena. Se proprio bisogna cercare qualche difetto forse è nel montaggio, in alcuni casi si ha la sensazione di alcuni dettagli che portano a qualcosa che poi non vediamo, come se appunto eliminati in fase di montaggio finale.

Nel complesso comunque un bel thriller che si lascia guardare e che mi ha lasciato soddisfatta.