Una donna promettente (2020)

Articolo a cura di Frina

UNA DONNA PROMETTENTE (2020)

“Una donna promettente” è un il film del 2020, esordio alla regia di Emerald Fenner, attrice, sceneggiatrice e regista britannica e uscito in Italia nel 2021 dopo esser stato rimandato a causa della pandemia da Covid-19.

Cassie è una ex studentessa di medicina molto brillante che ha visto sfumare per sempre il sogno di diventare medico a causa di un evento traumatico. Alcuni anni prima Nina, la migliore amica di Cassie, è stata violentata da un compagno di corso a una festa studentesca, mentre era ubriaca. Nessuno però crede al racconto della ragazza e questa difficile situazione la porta ad abbandonare gli studi. Anche Cassie abbandona l’università per restare accanto alla sua amica ma nonostante il suo sostegno Nina cade in depressione e si toglie la vita.

Cassie per vendicarsi ogni settimana va in un locale e si finge ubriaca. Quando un uomo che pensa di poter approfittare di lei perché ubriaca, cerca di avvicinarla, lei fa finta di lasciarsi abbordare e si fa portare a casa. A un certo punto però, quando l’uomo meno se lo aspetta, rivela che in realtà ubriaca non è, gli fa prendere un bello spavento facendogli perdere la voglia di fare una cosa del genere con altre ragazze.

Non sono però solo gli uomini a essere presi di mira ma anche alcune donne che anziché mostrarsi solidali con le vittime si schierano anche piuttosto apertamente dalla parte dei colpevoli.

Emblematico è il colloquio con la preside che si mostra molto più preoccupata della macchia che un’accusa di stupro potrebbe provocare nella carriera dei giovani studenti più che delle vittime. In questo film viene mostrato come, molto spesso, la società reagisca giustificando in qualche modo i colpevoli e gettando la colpa sulle vittime cercando di metterle in cattiva luce in modo che la loro testimonianza sia poco credibile

Alcune donne svalutando in qualche modo la moralità delle vittime di violenza e facendole apparire come delle “poco di buono” che vogliono in qualche modo dimostrare che loro sono in qualche modo “diverse”, che in quanto moralmente ineccepibili a loro certe cose non potrebbero mai capitare. È più semplice etichettare la vittima come “poco di buono” (il classico “se l’è andata a cercare” che tutti tristemente conosciamo) piuttosto che prenderne le difese, soprattutto quando il possibile colpevole è un ragazzo di buona famiglia e benestante. Questo è molto evidente durante l’incontro con una vecchia compagna di classe che ci tiene a sottolineare di aver messo la testa a posto e di essere una donna che “sa stare al suo posto”. Non come quelle che vogliono fare le emancipate “che si ubriacano e si mettono nei guai”. Anche a lei verrà fatto un bello scherzetto e, forse, capirà come ci si sente in determinate situazioni

La violenza non finisce quindi con l’episodio dello stupro in sé ma continua con la colpevolizzazione della vittima e la protezione e giustificazione del colpevole. L’atteggiamento dei ragazzi invece è molto diverso, tendono a proteggersi e a “fare squadra” di fronte a episodi gravissimi.

Descritto così il film potrebbe sembrare forse un po’ serioso, ma pur dando tantissimi spunti di riflessione, è un film gradevole e divertente con molte situazioni trattate con ironia.

Candidato a 5 premi oscar e vincitore per la categoria “miglior sceneggiatura originale”, “Una donna promettente” è un film che tratta un argomento spinoso come quello della violenza sulle donne e lo fa con grande stile, tra momenti di tensione e ironia grazie anche alla splendida ed intensa prova dell’attrice protagonista, un tema che evidentemente sta molto a cuore a Carey Mulligan.

Pur essendo nel complesso un film divertente ne consigliamo la visione perché è l’occasione per riflettere su un tema così importante e così attuale nella nostra società.

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The suicide squad – Missione suicida (2021)

Articolo a cura di Dani Ironfist

THE SUICIDE SQUAD – MISSIONE SUICIDA (2021)

Chi mi conosce sa che non sono un grande amante dei cinecomics, ad eccezione dei due “Batman” di Tim Burton e i tre “Spider-man” di Sam Raimi sono pochi i Cinecomics che mi hanno entusiasmato.

Ma qui la curiosità era molta, in quanto James Gunn è tra i miei registi preferiti e le attese sono state ripagate con la visione.

Ma facciamo un salto in dietro.

Come molti appassionati sapranno, James Gunn esordisce con la Troma, mitica casa di distribuzione e produzione di cinema indipendente americana specializzata in film horror/splatter. James Gunn esordisce alla regia con “Tromeo & Juliet” una rivisitazione in chiave erotico/splatter del “Romeo e Giulietta” di William Shakespeare. Dopo l’esordio, sempre per la Troma, ha scritto anche “Terror firmer” (1999).

Nel 2006 esce il suo secondo film “Slither”, un meraviglioso fanta-horror che racconta le vicende di una cittadina alle prese con una invasione aliena.

Dopo questa perla e nonostante il poco successo al botteghino Gunn viene notato dalla Disney e gli viene affidato dai Marvel Studios “I guardiani della Galassia”, due capitoli belli e divertenti ma senza quella vena horror che lo aveva contraddistinto con i film precedenti ma che confermano il grande talento di James Gunn.

Dopo la separazione dalla Disney a causa di alcuni tweet risalenti al periodo della Troma, James Gunn passa alla Warner bros la quale gli concede carta bianca e realizza questo dirompente “The suicide squad – Missione suicida”, film basato sui personaggi dell’omonimo gruppo di antieroi della DC Comics.

Harley Quinn, Bloodspot, Peacemaker, Rick Flag, Ratcatcher, Polka Dot Man e Thinker sono un gruppo di carcerati che accettano l’incarico per una missione suicida nel Corto Maltese dove è in atto una feroce dittatura a causa di un colpo di stato militare, in cambio avranno la riduzione della pena.

“James Gunn all’ennesima potenza!”

Si, è proprio così, a differenza dei due capitoli della Marvel qui ritroviamo il James Gunn dei vecchi tempi, in questo film, un cinecomics vietato ai minori bizzarro e avvincente che tiene incollati allo schermo, vedremo teste che scoppiano, corpi mutilati e sangue a volontà il tutto condito da scene d’azione davvero spettacolari.

Il confronto con il precedente “Suicide squad” diretto da David Ayer è inevitabile. Sebbene il film ebbe un ottimo successo, la lavorazione fu influenzata da alcune scelte della casa di distribuzione, cosa che per fortuna non è successa a James Gunn.

In questo film ce n’è per tutti, l’umorismo nero di James Gunn trasuda ad ogni scena scagliandosi contro l’imperialismo occidentale e la politica estera americana, i movimenti della macchina da presa di Gunn si muovono a ritmo incredibile lasciando lo spettatore a bocca aperta già dalla scena di apertura con l’assalto ad una spiaggia.

In un periodo dove i film con i supereroi risultano stereotipati e fatti solo per gonfiare i portafogli delle solite multinazionali “The suicide squad – Missione suicida” è una splendida boccata d’ossigeno. Ci voleva proprio un James Gunn libero di fare quello che vuole per riportare un genere su livelli accettabili con un film dal montaggio frenetico che vi farà passare poco più di 2h in un baleno.

I personaggi sono tutti ben costruiti e i dialoghi non sono banali, ottime le interpretazioni degli attori con una fantastica Margot Robbie nel ruolo di Harley Quinn.

Difficile continuare senza fare spoiler ma James Gunn si conferma uno dei migliori registi del momento e, nonostante abbia intenzione di dare un seguito a questo film, noi di Beyond the horror speriamo presto in un ritorno all’horror, non dico come ai tempi della Troma ma come quel gioiellino dal nome ”Slither”.

A Taxi driver (2017)

Articolo a cura di Dani Ironfist

A TAXI DRIVER (2017)

Se c’è una cosa da dire sul cinema orientale è che, a differenza di quello occidentale non si tira indietro nel denunciare il male della società, cosa che prima accadeva spesso in molto film americani e italiani.

“A taxi driver “è un’opera maestosa che arriva dalla Corea del sud diretta da Jang Hoon e interpretata da Song Kang-ho (“Parasite”) e Thomas Kreschmann (“King Kong”, “Resident evil:Apocalypse”).

Il film è tratto da una storia vera accaduta nel 1980 a Gwangju durante le proteste e gli scontri tra universitari ed esercito a causa della dittatura di Chun Doo-hwan.

Kim Man-seob è un vedovo con una figlia piccola da crescere che per lavoro fa il tassista ed è poco interessato alla politica del suo paese. Un giorno con un abile mossa ruba ad un suo collega un cliente straniero, un reporter tedesco di base in Giappone, Jurgen “Peter” Hinzpeter. Peter è disposto a pagare 100000 won pur di essere portato a Gwangju per filmare la repressione della rivolta studentesca e far sapere al mondo cosa sta accadendo in Corea del sud.

Gwangju è una cittadina totalmente blindata che i due riescono a raggiungere attraverso mirabolanti e curiose trovate ingegnose da parte di Kim. Lo scenario che si presenterà di fronte ai due una volta arrivati è agghiacciante: stampa totalmente oscurata e centinaia di vittime causate dalla violenza dei militari. La situazione è molto drammatica e dovranno fare i conti con qualcosa che li metterà a dura prova.

Si ride, si piange e ci si emoziona tanto davanti a questo strepitoso film che racconta come i rapporti umani cambiano davanti ad eventi di questa portata con un Song Kang-ho strepitoso, un attore fantastico e autore di una prova magistrale. Non da meno anche la prova di Thomas Kreschmann e il resto del cast.

La regia di Jang Hoon è ipnotizzante con un montaggio frenetico che, dividendo il film in tre atti in cui si possono ritrovare tre generi distinti (commedia/drammatico/action), prima ti strappa più di un sorriso e dopo ti lascia senza fiato fino ad arrivare a mettere a dura prova il vostro stato emozionale grazie ad una bellissima fotografia e una stupenda sceneggiatura scritta da Eom Yu-na.

“A taxi driver” è stato presentato al Torino film festival e candidato all’oscar come miglior film straniero nel 2018, film che avrebbe meritato molti Oscar, perché qui siamo di fronte a uno dei migliori film usciti negli ultimi 20 anni, un film che rivedrò e mi porterò nel cuore per molto tempo.

Se amate il cinema con la C maiuscola non perdetevi questo film, ennesima perla che arriva dall’oriente, un film che con tutta sincerità a Hollywood si sognano di realizzare.

In una sola parola, CAPOLAVORO!

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© Beyond the Horror Blog 2021

Hitchcock (2012)

Pubblicato in origine su facebook il 18 gennaio 2020

HITCHCOCK (2012)

Alfred Hitchcock è sicuramente tra i cineasti più importanti e influenti del ‘900, provocatorio e con una visione di cinema che ha fatto scuola per molti registi negli anni a venire diventato nel corso della sua carriera il più grande maestro della suspence.
In questo film diretto da Sacha Gervasi viene raccontato il periodo della tormentata realizzazione di “Psycho”, dai continui contrasti con le case di distribuzione al sempre costante supporto della sua amata moglie e sceneggiatrice Arma Reville (interpretata da Hellen Mirren).
La storia parte dalle prime ispirazioni che gli sono venute dalla lettura dell’omonimo romanzo di Robert Bloch fino alle uniche due uscite in sala. Nonostante le pressioni subite durante la realizzazione, grazie alla sua tenacia, si rivelerà il più grande successo commerciale di Alfred Hitchcock.
Anthony Hopkins ci regala una grande prestazione nei panni del regista, imitandone perfettamente le gesta e facendoci entrare a pieno nel mondo di Hitchcock.
Ovviamente non si può non citare il personaggio di Janet Leigh (interpretata da Scarlet Johansson), colonna portante di “Psycho” e uno dei rari casi in cui la protagonista effettiva di un film viene fatta fuori a metà della storia.
Nel cast fanno parte anche James D’Arcy, Toni Collette e Ralph Macchio.
Ogni giovane regista che decide di intraprendere questa carriera non può non passare dalla sua vasta filmografia, per chi conosce poco o nulla di Hitchcock, questo film è un buon viatico per addentrarsi nel mondo di uno dei più grandi artisti che la settima arte abbia mai partorito.
Leggenda.

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Milano calibro (1974)

Pubblicato in origine su facebook il 27 ottobre 2020

MILANO CALIBRO 9 (1974)

Dopo l’ennesima visione (ho perso il conto di quante volte ho visto questo capolavoro) ho deciso di buttare giù due righe su questo incredibile film di Fernando Di Leo, per me uno dei migliori registi italiani di sempre.

Sinossi: Ugo Piazza esce di carcere dopo aver scontato 3 anni per rapina ma viene perseguitato dagli scagnozzi dell’Americano, un boss malavitoso milanese per cui lavorava, che lo accusano di aver sottratto 300000 dollari durante una consegna. Piazza nega di aver rubato i soldi e l’americano lo riassume per tenerlo sotto controllo. Grazie all’amico Chino riuscirà a prendersi le sue rivincite fino al drammatico finale.

Che dire di questo film? Molto probabilmente è il miglior noir/poliziottesco di tutti i tempi, girato con sapiente maestria dal maestro del genere Fernando Di Leo in una Milano cupa (memorabile la scena iniziale in piazza del duomo con la cattedrale scura) in un crescente di tensione e azione.
In questo film è tutto perfetto: dalla meravigliosa colonna sonora di Luis Bakalov interpretata dagli Osanna, mai fuori posto, all’ incredibile sceneggiatura con dialoghi memorabili. Da sottolineare inoltre un Gastone Moschin a livelli stratosferici per interpretazione e negli sguardi e le grandissime prove di Mario Adorf e Philippe Leroy.
Un film girato benissimo e con un finale devastante per intensità e inquadrature mozzafiato.
Qui siamo di fronte ad un monumento della cinematografia italiana, un film adorato all’estero. Non a caso è tra i film preferiti di Quentin Tarantino che, spesso, lo cita nei suoi film dichiarando più volte che “Milano calibro 9” è il più grande noir di tutti i tempi e di certo non si può dargli torto.

“Milano calibro 9” fa parte della “Trilogia del Milieu” che comprende anche “La mala ordina” e “Il boss”, due film diretti sempre dal grande Fernando Di Leo e che vi consiglio di recuperare. 

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Trailer su You tube

Pubblicato in origine su facebook il 27 ottobre 2020