La Perdiciòn (2021)

Articolo a cura di Dani Ironfist

LA PERDICIÒN (2021)

“La Perdiciòn” è un disturbing drama con parti di horror estremo diretto da Domiziano Cristopharo, noto regista indipendente da sempre presente con molti dei suoi film in queste pagine. Come ho spesso ribadito nelle precedenti recensioni, di Domiziano ho sempre ammirato il modo in cui cura le sue pellicole e come crea gli effetti speciali dei film, nonostante siano amatoriali risultano sempre credibili e molto reali nella loro realizzazione.

“La Perdiciòn” non fa eccezione. Il secondo capitolo dedicato ad una serie di film ambientati sull’ ’Isola di Gran Canaria (qui potete leggere la recensione del primo capitolo) gira intorno al significato della parola Perdiciòn, che in spagnolo significa “destino e rovina”, portandoci all’interno di un incubo che sembra senza fine.

Due ragazzi vivono una relazione che sta per entrare in una profonda crisi quando uno dei due sofferente di solitudine interiore incontra un misterioso individuo (interpretato da Lorenzo Vivian) più grande di lui anch’esso sofferente allo stesso modo. Scatta così una scintilla che porterà inevitabilmente al tradimento con il giovane inerme che rimane talmente affascinato dall’uomo da seguirlo sulla sua barca, che poi si scopre essere la sua casa, e viene sopraffatto da un inevitabile e incontrollata passione. Quella che sembra all’inizio una bella storia d’amore farà pian piano sprofondare il giovane (interpretato da Nicholas Sartori) in un vortice infernale tra violenze, abusi, deumanizzazione e sesso brutale in cui i ruoli di carnefice e vittima prenderanno il sopravvento nel mentre la rotta della nave vira in direzione di un’isola dimenticata e verso un tragico epilogo.

Il film è un’opera claustrofobica girata in gran parte all’interno della barca che affonda la sua essenza nel dolore e la solitudine dei personaggi senza punti fermi. Cristopharo in questo modo lascia allo spettatore la scelta di interpretare a modo proprio le azioni e le scelte dei protagonisti. Il ragazzo si lascia affascinare dall’uomo più grande per colmare la sua solitudine interiore ma questo lo porta alla perdizione. Ci si potrebbe vedere nella sua tragica fine anche una certa condanna per avere tradito il fidanzato che lo ama e avere completamente ignorato la sua dichiarazione d’amore. Mentre il ragazzo naviga sempre più verso l’ignoto in balia del suo amante si vede il fidanzato aspettarlo invano davanti alla porta di casa dove potrebbe trovarsi anche lui, al sicuro e amato.

Come Cristopharo ci ha spesso abituati anche in questo film i dialoghi sono ridotti all’osso lasciando parlare le immagini e i corpi con un’atmosfera grottesca e surreale facendoci percepire la solitudine che i personaggi stanno vivendo grazie anche alla scelta di Domiziano di non farci sapere i lori nomi.

Girato con tutta probabilità con una Handycam, Domiziano non ci risparmia momenti espliciti partendo da quello che sembra un normale dramma per poi sbatterti in faccia tutta la durezza della vicenda con una sequenza che mi ha ricordato tra gli altri un momento di “Atroz”, il depravato e violentissimo cult di Lux Ortega.

In conclusione “La Perdiciòn” è un film senza dubbio di forte impatto emotivo e che include alcune sequenze di horror estremo. Tutto ciò non è fine a sé stesso ma va a esplorare l’inquietudine dell’animo umano che cerca di riempire il vuoto della solitudine a volte con soluzioni che rischiano di portarlo a perdersi completamente. Un altro film riuscito ma assolutamente un film non per tutti e da rivedere più volte, senza pregiudizi, per coglierne l’essenza.

Ringraziamo Domiziano per averci dato la possibilità di vedere in anteprima questi due film e vi ricordiamo che entrambi i film sono disponibili in preorder sul sito di Unusual Terror.

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Omen – L’origine del presagio (2024)

Articolo a cura di The Crystal Lake Girl

OMEN – L’ORIGINE DEL PRESAGIO (2024)

Ed eccoci all’ennesimo prequel e, all’ennesimo film demoniaco con suore che promettono notti insonni a chi si azzarderà a darci un’occhiata.

 Premesse non troppo buone dite? Forse stavolta no.

È in sala in questi giorni “Omen – L’origine del presagio”, prequel del cult di metà anni 70 “Omen – Il presagio” di Richard Donner . Il film è diretto dalla regista Arkasha Stevenson,  qui al suo primo film “importante”.

 Nel cast troviamo la giovane, e semi sconosciuta, Nell Tiger Free e altri molto più conosciuti come Charles Dance, qui solo in un cameo ad inizio film, l’attore Inglese Ralph Ineson, Sonia Braga e Bill Nighy.

La giovane novizia Margaret, viene chiamata a Roma per prestare servizio in un orfanotrofio nel periodo prima la presa dei voti per diventare suora. L orfanatrofio è costituito interamente da bambine e le suore, aiutano anche alcune ragazze madri nel momento del parto.

 Margaret nota subito una ragazzina, Carlita, ritenuta ostile e dai comportamenti violenti. La ragazzina viene infatti spesso messa in isolamento.

 Margaret viene poi avvicinata da Padre Brennan, un sacerdote che le confida il terribile segreto nascosto nell orfanatrofio : alcuni ecclesiastici starebbero tentando di portare il figlio di Satana sulla terra, per poter riavvicinare i fedeli che stanno perdendo convinzione nella chiesa.

 Margaret crede di avere a che fare con un pazzo, ma poi, dopo alcuni accadimenti piuttosto inquietanti, si convince ad indagare e aiutare Padre Brennan. Scoprirà così che Carlita sembra essere coinvolta, suo malgrado, nel complotto, e quindi cercherà di capire come fermare tutto e salvarla.

Arkasha Stevenson dirige un film ben costruito, dalla storia, allo svolgimento, che non risulta monotono ed è ben girato, ben recitato e anche ottimamente fotografato.

 L’uso moderato del jumpscare, un paio, che risultano anche efficaci, e la costruzione della tensione, sono sicuramente di livello superiore rispetto ai soliti film che siamo abituati a vedere molto spesso negli ultimi tempi.

 Ci sono poi diverse citazioni “gustose”, che i fan più accaniti del genere sicuramente apprezzeranno. Una di esse poi è davvero inaspettata, ma davvero molto gradita e ottimamente inserita nel contesto.

 Anche il comparto sonoro è estremamente gradevole ed incisivo, e va a completare una confezione davvero notevole.

 Il cast poi si comporta egregiamente, a partire da Nell Tiger Free, convincente nella sua titubanza a credere subito agli eventi che la circondano. Nel complesso però, ogni personaggio si ritaglia un suo spazio, non resta anonimo e dimenticato.

 Siamo quindi pronti a scoprire come il figlio di Satana ha potuto prendere sembianze umane e venire sulla terra, grazie ad un prodotto di buonissimo livello, degno e rispettoso nei confronti di uno degli horror più importanti degli anni 70.

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Spider (2002)

Articolo a cura di Dario Vitale

SPIDER (2002)

“Spider” di David Cronenberg è una discesa angosciante nella mente di un uomo tormentato dalla sua storia personale. Basato sul romanzo di Patrick McGrath, il film ci porta nei pensieri disturbanti di Spider, un uomo afflitto da una malattia mentale e dai demoni del suo passato.

L’interpretazione di Ralph Fiennes offre una performance magistrale nel ruolo del protagonista, portando alla vita il personaggio con una profondità e una vulnerabilità straordinarie. Viene trasmesso in modo tangibile la lotta interiore del protagonista mentre cerca di districarsi tra la realtà e il delirio, cercando di ricostruire i frammenti della sua memoria devastata. La regia di David Cronenberg è impeccabile, avvolgendo lo spettatore in un’atmosfera claustrofobica e inquietante fin dalle prime scene. La fotografia cupa e i set decadenti aggiungono ulteriori strati di tensione e disperazione alla storia, mentre la colonna sonora evocativa contribuisce a creare un’aura di suspense costante.

La grandezza e inquietudine che provoca il film è che ci costringe a confrontarci con i nostri stessi demoni interiori, i nostri problemi in quanto esseri umani e a riflettere sulla fragilità della mente stessa. L’esperienza cinematografica intensa e disturbante lascia il segno per coloro che sono disposti a immergersi nelle profondità dell’oscurità mentale, offrendo una visione avvincente e provocatoria che rimarrà con loro a lungo dopo i titoli di coda.

Trasponendo il romanzo di Patrick McGrath in un’opera cinematografica, David Cronenberg riesce ancora una volta ad affrontare temi complessi come la malattia mentale, la memoria e la percezione della realtà. La narrazione è intricata, spesso sconcertante, ma la regia guida gli spettatori attraverso questo labirinto psicologico con una maestria che cattura l’attenzione dall’inizio alla fine. David Cronenberg si distingue ancora una volta per la sua capacità di esplorare i recessi più oscuri della psiche umana, senza compromessi. La colonna sonora di “Spider” svolge un ruolo fondamentale nel creare l’atmosfera disturbante e inquietante del film. Composta da Howard Shore, collaboratore di lunga data di David Cronenberg, la musica si fonde perfettamente con le immagini per intensificare le emozioni e l’angoscia del protagonista.

Le composizioni sono caratterizzate da toni cupi, melodie sinistre e suoni dissonanti, che contribuiscono a creare un senso di tensione e disagio. Il tono oscuro e claustrofobico del film è presente sin dalla prima scena, quanto Spider viene rilasciato da un istituto psichiatrico e si trasferisce in una casa per ex detenuti. Ed è con la dinamica del flashback che scopriamo man mano la causa delle turbe mentali del protagonista; emergono infatti i dettagli dell’infanzia di Spider e della sua relazione complessa con la madre, interpretata da una grandissima Miranda Richardson.

L’ossessione per gli insetti, e in particolare, come si evince dal suo nome, degli aracnidi, è un tema ricorrente, esplorato attraverso visioni e deliri che riflettono la sua fragilità mentale e le sue paranoie. Man mano che il film procede, Spider smette di distinguere ciò che è reale da ciò che è frutto della sua mente distorta. Questo processo di confronto culminerà nel climax finale, il momento in cui si offre una chiave di volta allo spettatore per interpretare i misteri che circondano il protagonista.

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Sopravvissuto – The Martian (2015)

Articolo a cura di Dani Ironfist

SOPRAVVISSUTO – THE MARTIAN (2015)

“The Martian” è un film di fantascienza diretto da Ridley Scott e basato sul romanzo “L’uomo di marte” scritto da Andy Weir nel 2011.

Interpretato da un ottimo Matt Damon il film racconta la storia di Markm Watney in missione con la sua squadra sul pianeta rosso, a causa di una violenta tempesta il gruppo è costretto alla fuga dal pianeta ma Mark viene colpito da alcuni detriti e rimane solo sul pianeta. Mark non si scoraggia e armato di una grande forza di volontà dovrà fare di tutto per sopravvivere in attesa di una missione di soccorso. Non voglio aggiungere altro alla trama perché questo a mio parere è uno dei film più sottovalutati di Ridley Scott e passato quasi inosservato.

Abbiamo avuto l’occasione di rivederlo in sala energia al cinema Arcadia di Melzo in occasione di un ciclo di conferenze sull’esplorazione e la scienza spaziale curate dall’astrofisico Luca Perri e vederlo su uno schermo così grande mi ha fatto capire ancora una volta quanto questo film sia così sottovalutato.

Di certo non è una novità quando si parla di Ridley Scott che viene costantemente massacrato da tutti quando poi il pubblico si esalta per porcherie che rasentano il ridicolo.

“The Martian” è una sorta di celebrazione dell’ingegno scientifico di un uomo che deve combattere per sopravvivere, anche contro la solitudine e armato di un forte spirito di sopravvivenza, in una terra arida e sconosciuta. Il personaggio interpretato da Matt Damon mi ha conquistato da subito facendomi ridere, pensare e sperare catturando la mia immaginazione ad ogni visione e questo è merito di una bella sceneggiatura scritta a piene mani da Drew Goddard per una storia perfettamente raccontata e fedele al romanzo di Andy Weir. Matt Damon, infatti, rispecchia perfettamente il Mark Watney del libro, un uomo intelligente e ingegnoso che, pur nelle difficoltà, riesce a rimanere ironico e autoironico.

Indipendentemente da quanto la sceneggiatura sia in realtà un one-man show, “The Martian” riesce a mantenere una trama avvincente e offre molti momenti di tensione.

Il film sarà particolarmente apprezzato da chi ama Marte e sogna di partecipare a una missione spaziale in cui vederlo con i propri occhi, perché il film ha il pregio di farti sentire come se fossi lì. Tutti i meravigliosi panorami ricordano in qualche modo il pianeta Terra finché all’improvviso la mancanza di aria respirabile tenta di ucciderti, la splendida fotografia in cui prevale il color ruggine e non c’è traccia di verde ti porta a chiederti se sia davvero possibile andare su Marte.

Anche la colonna sonora composta da Harry Gregson-Williams è perfettamente inserita nella narrazione che include tra l’altro anche brani pop di Donna Summer, Abba, David Bowie ecc…

La musica è inaspettatamente importante anche nel romanzo nel quale, a un certo punto, il povero Mark Watney non ne può più della disco music portata dalla collega, che vorrebbe ascoltare “qualsiasi altra cosa”. E tra l’altro non posso non aggiungere che la scena in cui è inclusa “Starman” del Duca bianco è una delle più belle ed emozionanti del film.

Ridley Scott conferisce al film uno stile visivo costantemente coinvolgente con spettacolari panorami di Marte e una rappresentazione accurata delle tecnologie spaziali mantenendo un ritmo avvincente che vi terrà incollati allo schermo. Le scene su Marte e sull’enorme astronave sono superbe, anche se sono migliorate dallo straordinario e inverosimile tentativo di salvataggio nell’atto finale ma si sa, Ridley Scott è sempre stato un maestro nel campo della fantascienza.

Ridley Scott dà tensione al film passando da Mark Watney ai compagni dell’ equipaggio nel loro cupo viaggio di ritorno verso casa e i gli esperti della  NASA che cercano di capire come salvare un uomo che non hai speranza di raggiungere fino a quando non sarà morto. Il problema da affrontare non è solamente tecnico-scientifico ma anche politico.  Vengono toccati temi universali come la resilienza, la collaborazione internazionale e la capacità dell’umanità di superare le avversità. Quel mix di paura, tristezza e umorismo crea un lavoro molto emotivo sul piano umano su quello che significa una vita, anche di uno sconosciuto, è un piacere vedere un film in cui l’eroe non è il più coraggioso, il più grande o il più muscoloso. Matt Damon e il resto del cast, compresa una sempre meravigliosa Jessica Chastain, donano al film delle prove attoriali degne di nota.

In un periodo in cui spesso uscivano film e romanzi di fantascienza abbastanza deludenti nel raccontare storie coinvolgenti “The Martian” è stata una grande eccezione. Ha una storia completamente nuova da offrire, che ha avuto origine nella mente di un singolo autore. Andy Weir, ora cinquantaduenne, vive nel nord della California, è figlio di un fisico e ingegnere elettrico e ha iniziato a lavorare come programmatore di computer quando aveva solo 15 anni. Un “nerd spaziale” che ha iniziato a scrivere “The Martian” un romanzo che parla di un astronauta che cerca di sopravvivere dopo essere rimasto accidentalmente bloccato su Marte, pubblicando capitoli gratuitamente ogni poche settimane sul suo sito web. Lo considerava “un libro tecnico per tecnici”, ma trovò moltissimi lettori entusiasti, alcuni dei quali gli chiesero di renderlo disponibile su Kindle per un download più semplice. A differenza del film, infatti, nel libro vengono descritti in modo approfondito particolari tecnici che possono risultare complicati da capire, anche se non pregiudicano la lettura della storia nel suo complesso.

Nel 2013 lo ha fatto, al prezzo minimo, 99 centesimi, ed è diventato un bestseller su Amazon, per poi essere scelto per la copertina rigida da Random House nel 2014 e individuato come potenziale film dal produttore Simon Kinberg, che ha realizzato tra gli altri la serie di “X- Men” ed “Elysium”.

Nonostante nel cinema siamo andati spesso su Marte non c’è niente di più grandioso della diserzione sul pianeta rosso. Questa grande storia di sopravvivenza è realizzata con grande stile e catturerà la tua attenzione sin dal primo fotogramma. “The Martian” è un’avventura cinematografica straordinaria che combina suspense, umorismo e pathos, diventando subito un classico moderno della fantascienza.

Un trionfo dello spirito umano e del grande cinema di fantascienza con Ridley Scott che ogni volta che vola nello spazio non ce n’è per nessuno.

Non siamo critici ma semplicemente una coppia appassionata di Cinema, non siamo sotto nessun editore e siamo totalmente indipendenti di conseguenza nessuno ci dice cosa e come dover scrivere. Ma per migliorare e rimanere sempre liberi abbiamo bisogno anche di te! Se ti piace il nostro progetto di divulgazione unisciti agli amici di Beyond the horror.

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Eldorado (2021)

Articolo a cura di Frina e Dani IronFist

ELDORADO (2021)

“Una grotta, un libro misterioso e una donna che custodisce il mistero. il viaggio di un uomo, sulle orme dei suoi predecessori, alla ricerca dell’oro alchemico.”

“Eldorado” è un film del 2021 diretto da Domiziano Cristopharo che si avvale della ormai consolidata collaborazione con Andrea Cavaletto, quest’ultimo autore della sceneggiatura e vede tra i protagonisti principali Elio Mancuso e Nicola Vitale Materi.

Il film è un road movie che si rifà al “Dogma 95”di Lars Von Trier con il quale Domiziano ci accompagna attraverso i caldi paesaggi dell’Isola di Gran Canaria e facendoci addentrare nel culto della Santeria.

Prima di addentraci nella recensione del film è giusto spendere due parole su cosa sia la Santeria.

La Santeria nasce dal sincretismo di elementi della religione cattolica con altri della religione tradizionale yoruba, praticata dagli schiavi africani e dai loro discendenti a Cuba.

I conquistatori spagnoli e portoghesi cristiani hanno imposto la loro religione cattolica agli schiavi proibendo loro, pena la morte, di praticare le loro religioni animiste africane. Gli schiavi, per aggirare questo divieto, decisero di celare dietro l’iconografia dei santi cattolici i loro dei in modo da poterli adorare senza pericolo. Gli schiavisti pensavano quindi che stessero adorando i santi ma in realtà gli schiavi gliela stavano facendo sotto al naso e stavano mantenendo le loro religioni tradizionali. Il termine “Santeria” venne coniato in senso dispregiativo per indicare quella che, ai loro occhi, sembrava un’eccessiva devozione ai santi.

Non è un caso quindi che Domiziano abbia ambientato il film alle Canarie, sua residenza ormai da molti anni. Non solo la Santeria è presente nel film ma con lo scorrere della pellicola ci addentreremo alla scoperta dei riti alchemici e del folklore che sono da sempre radicati in quelle terre seguendo le vicende dei due protagonisti principali, Santero e Lo stregone.

Il viaggio di Santero inizia a bordo del suo camper e ad accompagnarlo un manoscritto ricco di simboli esoterici e mappe che lo condurranno ad una grotta dove, seguendo le orme dello Stregone, celebra una serie di cerimoniali, tra sesso e autolesionismo legati ai rituali della Mandragora pianta che nel medioevo veniva indicata come una pianta delle streghe in quanto dotata di potere allucinogeno.

La Mandragora Officinalis ha una delle radici di forma vagamente antropomorfa e anche grazie a questo aspetto nell’antichità le vennero attribuiti poteri magici. Le sue radici venivano utilizzate come amuleto, oppure aggiunta in piccole quantità alle bevande, per favorire il sonno o come afrodisiaco e propiziatore della fertilità. È una pianta che va maneggiata con molta cautela in quanto in quantità eccessive può essere estremamente tossica, anche mortale.

La leggenda narra inoltre che al momento della sua estirpazione dal terreno la pianta emetteva un terrificante urlo atto ad uccidere la persona in questione. Durante la visione noterete che tutto questo è stato citato alla perfezione da Domiziano, soprattutto nella meravigliosa scena del rito notturno, tutto curato nei minimi dettagli.

Come spesso ci ha abituato nei suoi film, Domiziano riduce i dialoghi all’osso lasciando parlare le immagini. Nel corso del film seguiamo Santero e, prima di lui, “Lo stregone” in quello che sembra un viaggio spirituale nel quale, tramite riti e sacrifici, cercano di raggiungere le radici della conoscenza mistica. Non viene lasciato nulla all’immaginazione e vengono mostrati senza censura e in maniera cruda il viaggio e i riti che i due uomini compiono. È come se il lato animalesco e istintivo dell’uomo non possa venire abbandonato nella ricerca spirituale perché negli antichi riti il corpo, la mente e lo spirito non possono essere separati. Ma bisogna stare attenti. La ricerca della conoscenza spirituale non può essere sporcata da finalità materialistiche e dall’avidità pena l’essere puniti dalle divinità o rimanere vittime di truffatori senza scrupoli che approfittano dell’ingenuità e ignoranza.

“Eldorado” fa parte di una trilogia di film ambientati sull’Isola di Gran Canaria sul tema del viaggio e dell’isolamento confermando ancora una volta la grande poetica cinematografica di Domiziano Cristopharo.

Non mancano i momenti gore ma qui siamo di fronte ad un horror spirituale e sopraffino che farà la gioia dei palati più fini.

Il film sarà presentato in anteprima il 13 marzo presso il cinema Nuova Luce di Urbino per gli studenti dell’Università e l’accademia delle belle arti con Domiziano presente in sala, il film sarà distribuito i primi giorni di marzo in DVD esclusiva dalla Unusual Horror.

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The Innkeepers (2011)

Articolo a cura di The Crystal Lake Girl

THE INNKEEPERS (2011)

Oggi torniamo indietro di alcuni anni. Torniamo al 2011 per la precisione. Il film è “The Innkeepers” e il regista è Ti West, non ancora così famoso, ma già comunque noto agli amanti dell’horror.

La pellicola è un horror con elementi paranormali, basato sulla creazione di una certa suspense con anche delle belle scene inquietanti.

Ma andiamo per ordine :

 Claire e Luke sono due receptionist allo Yankee Pedlar Hotel, situato in Connecticut. L’hotel è in procinto di chiudere definitivamente, per mancanza di clientela, dopo una lunghissima attività.

 Claire e Luke sono convinti che l’hotel sia infestato, motivo per cui, registrano ogni momento possibile per captare segnali di attività paranormale.

 La convinzione viene anche dal fatto che moltissimi anni prima, una novella sposina si era suicidata proprio in una delle camere dell’hotel.

Con l’arrivo poi di una medium, le cose inizieranno davvero a farsi inquietanti.

Potrebbe sembrare una trama semplice e poco originale, e lo è in fondo, ma West sa proprio il fatto suo e riesce a sfornare un prodotto davvero sopra i soliti film mainstream.

 Innanzitutto sa creare atmosfere che rasentano il cupo già da subito, con una bella fotografia. L’hotel poi è la location adatta ed è molto ben sfruttata.

 Così come sono ben sfruttati i momenti che contribuiscono a creare tensione, e a portarci per mano verso i veri momenti che ci metteranno più o meno a disagio.

Ottima anche l’idea di enfatizzare la desolazione degli ultimi giorni dell’Hotel, con i pochissimi clienti, una madre con la figlia, e la medium.

Questo elemento dà un’idea di solitudine piuttosto solida, e ci dà la certezza che da un momento all’altro potrebbe davvero manifestarsi qualsiasi cosa.

In definitiva, sapendo ben dosare e preparare una buona base di tensione, West riesce a portare un prodotto che sa distinguersi, anche se non assolutamente originale, usando pochi elementi e i soli cliché del genere in maniera saggia.

 Peccato sia forse poco nominato a discapito di prodotti più blasonati, ma meno capaci di metterci paura come si deve.

Uno dei miei film preferiti post 2000 senza nessuna ombra di dubbio.

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Il ragazzo e l’airone (2023)

Articolo a cura di Dani Ironfist

IL RAGAZZO E L’AIRONE (2023)

Il 2024 è appena iniziato e si parte a bomba con quello che probabilmente è l’ultimo film del maestro Hayao Miyazaki.

Annoverato come uno dei migliori registi e sceneggiatori di anime, grazie alle sue profonde opere ha lasciato il segno nell’animazione giapponese con assoluti capolavori come “Nausicaà della valle del tempo”, “La città incantata” e “Il castello errante di Howl”, giusto per dirne tre.

“Il ragazzo e l’airone” era atteso da molto tempo, sono infatti trascorsi ben dieci anni dalla sua ultima opera “Si alza il vento”, di cui sette anni dedicati alla gestione di questo nuovo lungometraggio bloccato spesso da molteplici problemi, tra i quali anche il Covid. L’attesa non è stata vana e “Il ragazzo e l’airone” è un film che ci condurrà attraverso i meravigliosi mondi di Hayao Miyazaki in un susseguirsi di spettacolari immagini che faranno da sfondo alle vicende del nostro protagonista.

Mahito è un ragazzino di 12 anni che perde la madre durante i bombardamenti della Seconda guerra mondiale a Tokyo, un fatto questo che lo segnerà molto e che gli procurerà innumerevoli difficoltà quando si dovrà trasferire con la matrigna in campagna. A catturare la sua attenzione sarà un airone cenerino che vola intorno alla casa, l’airone riuscirà a convincere Mahito a seguirlo dicendogli che sua mamma è ancora viva. Mahito sarà così catapultato alla ricerca di sua madre in un mondo fantastico abitato da bizzarri personaggi e creature di ogni tipo.

Nel 2013, dopo l’uscita dell’undicesimo lungometraggio di Hayao Miyazaki come regista, “Si alza il vento”, l’artista aveva annunciato il suo ritiro. Quel film, un film biografico sulla vita dell’ingegnere aeronautico Jiro Horikoshi intriso delle immagini fantastiche per cui Miyazaki è meglio conosciuto, parla della vita, della ricerca della felicità in un mondo che fa di tutto per spegnerla. Per fortuna, Miyazaki ha rimandato il suo ritiro, tornando con un cortometraggio nel 2018, e ora con questo lungometraggio, “Il ragazzo e l’airone” un’opera d’arte che non solo conferma la sua predilezione per la creazione di nuovi regni, ma probabilmente sarà l’opera finale per l’artista, anche se ci sono voci secondo cui è tornato al lavoro su un altro film.

“Il ragazzo e l’airone” riprende più o meno da dove si era interrotto il dramma di Miyazaki sulla Seconda Guerra Mondiale, “Si alza il vento”.

Il pubblico occidentale in molti casi tende a dare per scontato che i film animati siano fatti solo per bambini, cosa che ho trovato sempre sbagliata. In Giappone lo sanno bene e, insieme a molti altri film dello Studio Ghibli, “Il ragazzo e l’airone” pur essendo fruibile anche da parte degli spettatori più giovani, è probabile che molti bambini non colgano a pieno alcune delle complessità tematiche o delle astrazioni visive da cui dipende il film. Ci sono scene di sangue, violenza e pericolo che rendono questo film inadatto a un pubblico troppo sensibile o a bambini troppo piccoli, ma i più grandi non dovrebbero avere problemi durante la visione, a condizione che riescano a tenere il passo con la trama e le vicende che vedono coinvolti i numerosi personaggi.

Come tutti i film di Hayao Miyazaki, questo film è stupendo, pieno di vita, fascino e personalità come anche molte delle produzioni dello Studio Ghibli. Ogni fotogramma praticamente parla da solo con dettagli e colori meravigliosi. Un design molto classico che regala gioia per i nostri occhi mentre vediamo scorrere tutti i personaggi, dall’airone che sembra una mutaforma con al suo interno un bizzarro ometto dal naso grosso che può essere maestoso, divertente o terrificante a seconda dell’umore. Se amate le vecchiette di Miyazaki qui ne trovate ben sette, le simpatiche vecchiette che accudiscono la famiglia una volta trasferitosi nella nuova dimora, questo non è l’unico riferimento a Biancaneve che si può notare nel film. Se poi adori le piccole cose da sempre create dal maestro Miyazaki allora rimarrai estasiato quando lo schermo sarà invaso da un esercito di Warawara, un vero spettacolo per gli occhi.

Nonostante la sua eccellenza complessiva, questo film non ti darà nemmeno la chiara semplicità narrativa di “Si alza il vento”.

Mahito affronta un viaggio incredibile e molto rischioso durante il quale vengono toccati temi complessi su cui si viene spinti a riflettere e ad arrivare alle proprie conclusioni senza che ci venga fornita una risposta pronta calata dall’alto. Probabilmente non è il miglior film di Miyazaki come non lo è dello Studio Ghibli, personalmente “La città incantata” e “La storia della principessa splendente” sono di un altro pianeta ma non si può negare che con “Il ragazzo e l’airone” il maestro abbia aggiunto alla sua grande carriera un altro enorme tassello con un film che emoziona, fa riflettere e ti lascia incollato allo schermo in un viaggio lungo due ore ma che alla fine sembrano 20 minuti e aperto a molteplici interpretazioni.  Eccezionale!

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Come migliorare l’esperienza in sala

Editoriale a cura di Dani Ironfist

Chi ci segue con attenzione sa che da sempre siamo sostenitori del cinema in sala, come riporta la didascalia in home page, per noi sul televisore non è cinema ma semplicemente un film.

Come tutte le arti anche il cinema ha il suo habitat naturale. Se l’habitat ideale per la musica è il concerto oppure, per fare un altro esempio, per la pittura è una mostra espositiva, anche perché, diciamo come stanno le cose, ascoltare una band dal vivo non è come ascoltarla dallo stereo di casa o su YouTube, visitare una mostra non è come vedere un quadro su Google immagini, così anche per il cinema, ci sono tanti motivi per cui una visione sul televisore (grande quanto vuoi) non sarà mai immersiva come vedere un film sul grande schermo.

Partiamo dal fatto che al cinema il film è proiettato, di conseguenza vediamo il film dal punto di vista del regista, come lui stesso ha voluto realizzarlo. Poi ci sono particolari importanti come la profondità di campo che non potrai mai cogliere sulla smart tv. Orson Welles a tal proposito, con il suo capolavoro “Quarto potere” ha fatto scuola su questo. Se non credete a questo c’è un metodo efficace per notare quanta differenza c’è da una televisione all’altra, quando entrate in uno store di elettronica soffermatevi nel reparto tv. Di solito i televisori esposti sono tutti accesi sullo stesso canale se vi concentrate sulle immagini noterete come la qualità dell’immagini che scorrono e la resa dei colori cambiano da un tv all’altra. Questo non accade nei cinema perché il film è proiettato.

A parte questa introduzione, quante volte ad ognuno di noi è capitato di ritrovarsi in sala ed avere la visione del film disturbata da schiamazzi, persone che sgranocchiano patatine, sussurri, risate e cellulari accessi? In questa breve guida, in base alla nostra esperienza e alle scelte che abbiamo messo in atto, cercheremo di aiutarvi a godere a pieno l’esperienza in sala e a gustare una visione immersiva e in tutta tranquillità.

È bene per prima cosa scegliere accuratamente cosa andare a vedere, è risaputo che i cosiddetti film “da cassetta”, meglio noti come blockbuster, sono quelli che attirano più pubblico e, di conseguenza, ci troveremo in sala con il pubblico occasionale. È proprio questo tipo di pubblico che porta danno alla visione, persone che vanno al cinema con il solo intendo di passare due ore e se il film a loro non piace, nella maggior parte dei casi, iniziano a disturbare. Sia, chiaro ognuno è libero di andare a vedere quello che vuole, non siamo qui a dire cosa dovete fare ma una buona scrematura di prodotti commerciali aiuterà molto ad avere una visione più tranquilla.

Si consiglia inoltre di scegliere una fascia oraria dove il pubblico è meno presente. Quella che va dalle 19,00 alle 20,30, soprattutto nel weekend, è la fascia oraria dove aperitivi e apericena abbondano e, di conseguenza, il pubblico è molto inferiore rispetto al pomeriggio o dopo cena. Se ne avete la possibilità anche la scelta del giorno può risultare importante, il lunedì è un giorno ostico un po’ per tutti e i cinema sono pressoché deserti, così come anche il martedì e il mercoledì l’affluenza è molto al disotto rispetto al weekend, va ricordato comunque che da molti anni il mercoledì il biglietto in tutti i cinema è al prezzo di 5,50€.

Cercate, inoltre, di frenare l’euforia quando esce un nuovo film, fiondarsi al cinema i primi giorni della programmazione può risultare fatale. Di solito i blockbuster restano nella sale almeno per un mese quindi fate passare una decina di giorni dall’uscita, quando poi gran parte del pubblico occasionale avrà già visto il film la situazione sarà sicuramente più tranquilla.

Molto importante è anche la scelta del cinema. In Italia ci sono ancora centinaia di sale tradizionali, ovvero le sale di una volta dove si sceglie il posto a nostro piacimento che, generalmente, sono frequentate da un pubblico più adulto e appassionato. Cosa non da poco rispetto ai multisala è la pulizia che è molto più accurata. Certo, probabilmente l’impianto audio non sarà come quello dei moderni multisala ma, se possedete un modesto impianto home theater in casa, potete godervi poi il film con la potenza audio necessaria successivamente. Ovviamente anche nelle sale tradizionali non mancano punti ristoro e i bar. Inoltre, nelle sale tradizionali, c’è la possibilità di vedere anche i film in lingua originale e, se siete fortunati, potreste beccare anche qualche masterclass o gli stessi autori a presentare il film.

Anche nei multisala in un giorno specifico (di solito è il martedì) si possono visionare i film in lingua originale sottotitolati. Molti, sicuramente, storceranno il naso ma, vi assicuro, che basta solo darsi il tempo di fare l’abitudine alla visione dei film sottotitolati. Se avete qualche dvd in casa provate a esercitarvi nella visione in lingua originale e, dopo un po’, vedrete che non ci farete più caso e la visione diventerà fluida come sempre. Sentendo le voci reali degli attori potrete capire il reale valore della prova recitativa di ogni singolo interprete. Inoltre, ci guadagnerete in tranquillità perché il pubblico occasionale si guarda bene dal vedere i film in lingua originale.

red carpet;

Un po’ in tutta Italia ci sono molte sale tradizionali che ospitano festival dedicati al cinema di vario genere. A questi eventi si concentrano gli appassionati e, spesso, vi capiterà di assistere a proiezioni in anteprima e di classici restaurati, presentazioni, masterclass, mostre cinematografiche e molto altro.

Di seguito vi segnaliamo i festival più importanti nel nostro paese

Piemonte

TOHorror fantastic film festival: si svolge ogni anno a Torino nel periodo di inizio ottobre ed è dedicato al cinema horror e di genere con proiezioni di classici e film in anteprima nazionale.

Friuli-Venezia Giulia

A Trieste si svolge ogni anno nel periodo ottobre/novembre quello che probabilmente è uno dei festival italiani più conosciuti in Europa, il Trieste Science+fiction festival, dedicato interamente al cinema fantastico (horror, fantascienza ecc..),  con grandi ospiti e anteprime da tutto il mondo. Nel 2023 il festival festeggia i suoi ben 60 anni. Stiamo parlando quindi di uno dei festival più longevi in Italia.

Veneto

Il più longevo e famoso festival in Italia è sicuramente “La biennale di Venezia”, il primo vero festival cinematografico al mondo che si svolge ogni anno a Lido di Venezia a fine agosto.

Nato da una costola del “Trieste Science+fiction festival” si svolge ogni anno nel mese di marzo a Verona “L’extra sci-fi film festival”, un festival dedicato al cinema di fantascienza e horror con proiezioni di classici e anteprime.

Toscana

La Toscana è molto ricca di grandi festival, tra i quali vi segnaliamo l’ormai consolidato “Fi Pi Li Horror festival” a Livorno. Ogni anno si assiste a proiezioni speciali di classici restaurati e anteprime nazionali con ospiti illustri, incontri, masterclass. Inoltre il festival dedica una parte della programmazione a mostre e incontri dedicati alla letteratura horror.

A Firenze ogni anno nel mese di marzo si svolge il Korea film festival, dedicato al cinema coreano con proiezioni, masterclass e molti ospiti internazionali.

Da segnalare anche il “Lucca film festival” a Lucca, “Visioni notturne” festival horror che si svolge ogni anno a giugno in quel di Prato e il “Cecinema”, un piccolo festival di cortometraggi che si svolge a Cecina (Livorno).

Lazio

Uno dei festival più longevi dedicato al cinema di genere e indipendente è senz’altro il “Fanta festival” a Roma che si svolge ogni anno ad inizio ottobre.

Vi segnaliamo inoltre:

Apulia Horror International Film Festival (Gallipoli – Lecce)

Il Ravenna Nightmare fIlm festival, dedicato al cinema horror

Il Monsters Taranto Horror film festival

Abruzzo Horror festival (L’Aquila)

Voghera film festival

Drag Me To Fest presso il Santeria a Milano

Trovate tutte le info utili sui loro rispettivi siti web.

Inoltre, in molte sale tradizionali e in vari spazi espositivi, spesso vengono organizzate varie rassegne cinematografiche. Ad esempio, presso il Cinema della fondazione Prada di Milano, di recente è stata organizzata una rassegna dedicata a Jaume Balaguero con il regista spagnolo presente in sala. Vi segnaliamo inoltre il “CinemArcord” a Bergamo, manifestazione nell’ambito della quale, ogni anno a fine settembre, vengono organizzati incontri, spazi espositivi dedicati ai fumetti, libri, home video e proiezioni speciali.

Insomma, come avrete notato, non mancano le occasioni per noi appassionati della settima arte per vivere al meglio la nostra passione senza dover per forza essere “schiavi” di quella scatola che si chiama televisore.

Noi speriamo che questo articolo sia stato di vostro gradimento e utile per migliorare la vostra esperienza in sala e, come detto in precedenza, ognuno è libero di muoversi come meglio crede ma l’esperienza cinematografica in sala rimane comunque unica e insostituibile.

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© Beyond the Horror Blog 2023

Tumbadd (2018)

Articolo a cura di Martin Quatermass

TUMBADD (2018)

Le paure umane sono universali, ma l’espressione di tali paure è diversa in ogni cultura, il che può
essere molto interessante per gli appassionati di horror. Arriva un momento in cui essere troppo
immersi nelle storie dell’orrore della propria cultura può compromettere la sensazione di estraneità e
sorpresa da cui dipende il genere. Guardare a un altro paese per trovare nuove interpretazioni
culturalmente specifiche di tropi spaventosi – come il giapponese “Ringu”, lo spagnolo “The Orphanage”,
il finlandese “Hatching” o il sudcoreano “The Host” – permette ai fan dell’horror di riscoprire traumi
familiari alla nostra cultura ma rivestiti in modi nuovi e vividi. Lungo la strada, si possono anche
imparare cose affascinanti su quanti modi diversi ci sono per dare forma e condividere le stesse
paure.
Questa è una delle grandi gioie di “Tumbbad”, horror in lingua hindi del 2018 di Rahi Anil Barve che
parla di divinità, avidità e sangue. La struttura di questo film è abbastanza familiare: l’uomo cede ai
suoi vizi e affronta una contabilità soprannaturale. Ma la forma specifica che assume questa storia e
l’immaginario utilizzato per raccontarla non saranno familiari al pubblico occidentale.
Ci troviamo di fronte ad una sorta di favola nera sull’avidità: da dove viene, come si perpetua e come
può agire come una droga, travolgendo i sensi e rendendo le vittime dipendenti. Sohum Shah
interpreta Vinayak come un uomo sprezzante e violento che pensa soprattutto ai suoi piccoli piaceri
e si aspetta che tutti lo servano.
Ma Rahi Anil Barve e il suo team suggeriscono anche una certa simpatia per lui, data la sua provenienza.

La favola che apre il film dice che gli dèi hanno maledetto “Tumbbad” a causa della famiglia di Vinayak e
che le piogge perpetue che sommergono il luogo sono una forma di ira divina. Queste tempeste
hanno un ruolo di primo piano per tutto il film: sia che visitino la villa di “Tumbbad” sia che si rintanino
nella loro baracca, Vinayak, sua madre e suo fratello sono perennemente inzuppati fino alla pelle e
ricoperti di fango. (Rahi Anil Barve dice di aver girato il film nel corso di diversi anni durante la stagione dei monsoni, per ottenere la giusta atmosfera). La famiglia non commenta la pioggia, perché è lo sfondo
perpetuo delle loro vite, ma sembrano infreddoliti e sull’orlo di essere spazzati via del tutto. È chiaro
perché Vinayak sogni la fuga e la ricchezza per vivere come vuole.


Ma “Tumbbad” propone una ricca metafora di come quei sogni sottraggono la maggior parte della
libertà e della felicità alla vita di Vinayak. Egli, infatti, finisce per avere risentimento nei confronti
delle persone che lo circondano e si ritrova in un incubo perpetuo che lo fa riflettere delle
conseguenze della ricchezza acquisita. Non riesce a liberarsi del fardello della sua avidità il che lo
porta a eccessi sempre peggiori. Intorno a lui si sta svolgendo una storia cruciale, il suo Paese sta
soffrendo, cambiando e rafforzandosi, ma lui si è isolato e ha pensato solo al proprio tornaconto. È
una trappola ben congegnata, costruita nel cuore di una storia in cui gli orrori soprannaturali sono
assolutamente terrificanti, ma Vinayak è molto più spaventoso. (Ci sarebbe da approfondire anche di
come il film tratti temi ampiamente politici: dalla dominazione inglese al sistema castale e il privilegio
che comporta essere tra le élite fino alla perpetuazione di un sistema patriarcale, evidente per tutta
la durata del film).

“Tumbbad” è solo l’ultimo esempio del perché abbiamo bisogno di più diversità nei cinema occidentali.
Si tratta di una storia affascinante e raramente raccontata, che potrebbe essere valorizzata solo da
un mercato straniero disposto ad assumersi il rischio di qualcosa con cui i dirigenti di Hollywood non
avrebbero molta familiarità.

Ma con una maggiore pluralità di visioni nei nostri cinema, possiamo
finalmente scoprire nuove storie. Se siamo stanchi di remake, reboot e sequel, dovremo andare oltre
la nostra lente e ampliare gli orizzonti del nostro intrattenimento. Se vogliamo essere il grande
melting pot, anche i nostri cinema dovrebbero riflettere questa volontà.


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Un’ombra sulla verità (2021)

Articolo a cura di Frina

UN’OMBRA SULLA VERITA’ (2021)

“Un’ombra sulla verità” è l’ultimo film del regista francese Philippe Le Guay. È un film thriller drammatico del 2021 uscito in sala in Italia il 31 agosto 2022.

La storia è ambientata a Parigi e racconta le vicende di Simon e Hélène Sandberg che, in seguito alla vendita della propria cantina, andranno incontro a non pochi disagi che destabilizzeranno anche la vita familiare. La cantina dei Sandberg viene acquistata dal signor Fronzic, un uomo apparentemente ordinario, che senza chiedere il permesso a nessuno, la inizierà ad utilizzare come appartamento provocando lamentele da parte dei condomini.

Il film è un’analisi e una critica della società contemporanea in particolare la diffusione di pericolose derive di pensiero e la scarsa capacità di arginarle e difendersi.

Viene vista in maniera critica la tecnologia, in particolare internet che può essere utilizzato da parte di chiunque per diffondere idee, anche bislacche o pericolose. Da una parte perché qualunque fanatico o criminale può entrare in contatto con persone che la pensano come lui e fare rete, dall’altra perché, non esistendo un vero e proprio filtro, sul web la vertà e la menzogna hanno lo stesso peso e credibilità se lette da persone troppo giovani, disinformate o, semplicemente, troppo ingenue.

C’è anche la descrizione della moderna classe media come troppo fiduciosa verso il prossimo e troppo vulnerabile quando viene attaccata da qualcuno che la sa raggirare e utilizzare le leggi a proprio vantaggio. Diventa veramente difficile difendersi quando bisogna agire secondo la legge contro qualcuno che non si fa nessun tipo di scrupolo.

Centrale è la figura del “complottista” che si atteggia a vittima e che scambia la libertà di parola con la libertà di diffondere menzogne. Ho provato veramente un profondo fastidio quando Fronzic (come molti odierni sostenitori delle “teorie del complotto”) affermava di essere perseguitato in quanto persona che pensava “con la propria testa” o “fuori dal coro” sostenendo quindi, non tanto implicitamente, di dire la verità ma di essere imbavagliato dal sistema. Un atteggiamento già visto e rivisto con i vari complottisti, terrapiattisti e simili e che è familiare a tutti noi.

Una delle idee pericolose che stanno tornando tristemente, anche tramite internet, è il negazionismo. Il problema è destinato a diventare sempre più grave a mano a mano che ci si allontanerà sempre di più temporalmente dai fatti accaduti e ci saranno sempre meno testimoni viventi.  I più a rischio sono i giovani, se lasciati a contatto, reale o virtuale, senza nessun tipo di difesa o guida capace di aiutarli a discriminare la realtà dalle menzogne dette per manipolarli con personaggi moralmente ambigui come il Prof. Fonzic. Ad esempio, Justine, la figlia di Simone e Hélène, subisce l’influenza negativa di Fonzic e arriva a domandarsi se veramente non sia lui ad avere ragione e ad essere vittima del sistema.

Un film thriller consigliato che da una parte intrattiene con una tensione crescente nel corso del film e dall’altra per i numerosi spunti di riflessione sulla società odierna che lascia al termine della visione.


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