Cosmopolis (2012)

Articolo a cura di Dani Ironfist

COSMOPOLIS (2012)

È sempre facile parlare dei capolavori più noti nella filmografia di un regista ma in molti casi vale la pena parlare di pellicole meno riuscite o meno note come, ad esempio, “Cosmopolis” di David Cronenberg.

“Cosmopolis” è uno dei film più snobbati e sottovalutati del regista canadese e, non avendone mai capito il motivo, proverò a spiegarvi perché questa pellicola di Cronenberg è l’ennesimo tassello fondamentale nella sua filmografia.

Nel 2003 uno dei più grandi scrittori post-moderni Don DeLillo darà alle stampe il suo nuovo romanzo “Cosmopolis” con il quale sembrava già anticipare il futuro della crisi dei “Subprime” qualche anno prima che si verificasse.

Qualche anno dopo il produttore Paul Branco chiede a David Cronenberg di portare il romanzo sul grande schermo. Il regista non si tira indietro e, nel giro di pochi giorni, divora il romanzo e scrive la sceneggiatura molto fedele a libro di Don DeLillo apportando comunque un paio di variazioni che risulteranno fondamentali per lo sviluppo della trama.

Il film parte già a bomba sin dai titoli di testa creati dal visionario artista Justin Stephenson che schizza gradualmente su una tela una immagine che potrebbe essere definita come un paesaggio urbano futuristico e distopico.

“Cosmopolis” narra la stria di Eric Parker, interpretato da Robert Pattinson, un miliardario di 28 anni che decide di andare a tagliarsi capelli dal suo parrucchiere di fiducia che si trova a Manhattan.

A bordo della sua lussuosa limousine, parte per questo viaggio attraversando tutta la metropoli inconsapevole di tutto quello che gli accadrà durante il tragitto.

In questo adattamento del romanzo di DeLillo, caratterizzato da un cast corale costruito in parte su rapidi camei e una solida performance di Robert Pattinson che da qui si lascia alle spalle il personaggio di “Twilight” per qualcosa di più sostanzioso, il regista canadese affronta una profonda critica verso il capitalismo e l’avidità.

La capacità di David Cronenberg di portare in scene opere letterarie è da sempre qualcosa di notevole (molti dei suoi film sono tratti da libri e romanzi) e con “Cosmopolis” non fa eccezione trasportando il romanzo di Don DeLillo in maniera perfetta e ricalcandone perfettamente gli avvenimenti inserendo come di suo consueto una forte denuncia verso la società.

C’è però un certo manierismo e genio ambizioso dietro a questa pellicola che per molte cose ricorda “Crash”, un altro film che incita ad un profondo senso di terrore.

In definitiva “Cosmopolis” non è un film del tutto riuscito e ammetto che durante la prima visione in sala ho fatto una fatica enorme ad arrivare alla fine del film a causa dei dialoghi eccessivi (perché qui tutti parlano e straparlano come se non ci fosse un domani) ma con il tempo sono riuscito comunque a comprenderlo in pieno nonostante questo difetto che ha smosso critiche un po’ ovunque.

Questo è forse uno dei film più complicati di David Cronenberg, difficile da digerire per gli spettatori occasionali ma ostico anche per chi è cresciuto a pane e Cronenberg come il sottoscritto.

Cronenberg ha trovato, a livello visivo, un’estetica efficace per il romanzo di DeLillo. È proprio il vincolo dell’adattamento che qui lo rende audace. Il film, nonostante qualche difetto è, come sempre nella carriera del regista canadese, degno di nota, non per la rappresentazione di eventi o lo svolgersi del dramma, ma per l’ambientazione di un testo. Nella migliore delle ipotesi, è un esercizio di stile, di uno stile meraviglioso e decadente nel contenuto.

David Cronenberg, collaborando di nuovo con il direttore della fotografia Peter Suschitzky, ha creato l’atmosfera surreale che si adatta perfettamente a “Cosmopolis”, catturando i contrasti tra l’auto di lusso di Eric e la ribellione e la rabbia per strada.

Il film nel suo insieme è uno studio sui contrasti (il bello contro il brutto, ricco e povero, sano e disturbato) ma l’analisi di DeLillo del potere distruttivo della ricchezza, che risulta molto efficace nel libro, ha difficoltà a guadagnare terreno sullo schermo. In questo mondo visivo, i dibattiti diventano pedanti, vanno dalla provocazione esoterica, nel migliore dei casi, al noioso professore di college nel peggiore dei casi. Dal momento che gran parte del film dipende dai dialoghi, “Cosmopolis” risulta leggermente sottotono se confrontato ad altri film del maestro ma comunque da vedere e rivedere per comprendere la grandezza di David Cronenberg e il suo cinema che, anche nei film meno ispirati, riesce sempre ad inserire schegge di grande cinema.


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