Articolo a cura di Dani Ironfist

VELLUTO BLU – IL CAPOLAVORO INCOMPRESO DI DAVID LYNCH
A settembre riparte la rassegna “The Big Dreamer” dedicata al cinema di David Lynch, il primo appuntamento dopo la pausa estiva è con “Velluto blu” che troverete in sala dal 15 al 17 settembre distribuito da Lucky Red e la Cineteca di Bologna con il suo progetto “il cinema ritrovato”.
“Velluto blu” rappresenta per Lynch la sua prima incursione nel noir ma, in questo caso, a farla da padrone sono le atmosfere cupe e lugubri che pervadono tutto il film. Siamo al cospetto di uno di quei film che ti lasciano addosso un senso di straniamento profondo, quasi viscerale, perché Lynch riesce a mettere in scena il cuore oscuro della quotidianità senza mai spostarsi troppo lontano da una cornice apparentemente rassicurante. L’incipit, con le villette perfette, i recinti bianchi e i fiori rossi, sembra quasi una cartolina americana, ma basta abbassare lo sguardo sotto l’erba per trovare i coleotteri che si agitano furiosamente, lì capisci che il film non sarà una semplice storia di mistero, ma un viaggio dentro ciò che si nasconde sotto le superfici pulite e ordinate.

Ambientato nella piccola cittadina di Lumberton, nella Carolina del Nord, il film racconta la storia di Jeffrey Beaumont (Kyle MacLachlan), uno studente universitario che, a pochi minuti dall’inizio del film, scopre un orecchio umano mozzato. Jeffrey collabora con Sandy (Laura Dern), la figlia del capo della polizia, per indagare sul bizzarro mistero dell’orecchio.
Jeffrey si ritroverà nello squallido appartamento di Dorothy Vallens (Isabella Rossellini), una cantante di musica lounge che nasconde qualcosa. Dorothy è sotto il controllo di Frank Booth (interpretato da uno straordinario Dennis Hopper), un criminale violento che abusa di lei fisicamente e sessualmente. Jeffery si troverà coinvolto in una spirale di violenza e cinismo che sembrano fuori controllo.

L’oggetto scatenante, l’orecchio reciso, non è solo un indizio di trama, è quasi una porta d’ingresso verso un mondo parallelo, fatto di perversione, violenza e desiderio incontrollato: Jeffrey, il protagonista, entra in questo universo con la curiosità di un investigatore dilettante, ma anche con l’ingenuità di chi non sa ancora quanto il buio possa essere seducente. Dorothy, dal canto suo con la sua fragilità e la sua disperazione, diventa il centro magnetico di questa immersione: è vittima e al tempo stesso catalizzatrice di pulsioni erotiche e violente che destabilizzano chiunque le si avvicini.

Il cuore nero della storia, però, è proprio Frank Booth, personaggio che sembra uscito da un incubo. Brutale, infantile, incontrollabile, rappresenta l’irruzione del male puro, non come elemento esterno ma come parte integrante del mondo che Jeffrey sta scoprendo. Frank non è un’anomalia: è il rovescio inevitabile della normalità borghese, la dimostrazione che la violenza e il desiderio represso vivono in simbiosi con l’ordine sociale che si ostina a nasconderli. Non è soltanto un cattivo da noir ma è l’incubo fatto carne, la crudeltà primordiale che esplode in rituali ossessivi, in un linguaggio che mescola infantilismo e brutalità. È disturbante perché Lynch lo rende assolutamente credibile, una delle migliori performance attoriali di Dennis Hopper.

“Velluto blu” è un’esplorazione profonda del male inserendo violenza sessuale e depravazione in una cittadina che all’apparenza sembra incantata ma ad ogni passo durante il film siamo portati a provare orrore e disgusto portando anche alla memoria “Arancia meccanica”. Come nel film di Kubrick, Lynch affonda le radici del film nel terrore, sesso e violenza portandolo ad un livello più oscuro ed estremo facendoci percepire il dolore, l’ansia, la paura e la totale confusione dei personaggi.

Quello che mi colpisce ogni volta che ripenso a Velluto blu è quanto sia facile illudersi che la vita sia davvero come la cartolina iniziale: ordinata, pulita, protetta. E quanto sia inevitabile, prima o poi, accorgersi che sotto quella superficie c’è un brulichio che non possiamo controllare. Forse non è un male, forse è solo la verità: la luce è più intensa proprio perché esiste il buio.
E allora mi chiedo: quanto siamo disposti a guardare oltre il prato curato del nostro quotidiano? Quanto coraggio abbiamo di riconoscere che dentro di noi convivono il bisogno di innocenza e l’attrazione per l’oscurità? Lynch non dà risposte, ma ci lascia questo tarlo, e forse è per questo che il film continua a parlarci, anche a distanza di decenni.
“Velluto blu” torna al cinema dal 15 al 17 novembre in una nuova versione restaurata in 4K.

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