In memory of Tobe Hooper

Articolo a cura di Martin Quatermass e The Crystal lake girl

Recensione: Non aprite quella porta parte 2 (1986)

Tobe Hooper ha realizzato un classico dell’horror con “The Texas Chain Saw Massacre” del 1974. Dodici anni dopo, decise di realizzare un sequel. Tobe Hooper è stato furbo. Forse rendendosi conto che non sarebbe mai riuscito a riprodurre la natura cruda e sporca dell’originale, ha optato per una direzione completamente diversa. “The Texas Chainsaw Massacre 2” è un po’ più elegante, con un budget maggiore, una star riconoscibile (Dennis Hopper) e una colonna sonora alt-rock anni ’80. È anche, più o meno, una commedia. Il film è ancora brutale, ma è brutalmente divertente. Grazie al lavoro del genio del trucco Tom Savini (reduce dal trionfo di “Day of the Dead”), il film mostra effettivamente il gore grafico che la gente immaginava di vedere nel primo film, e poi va ben oltre.

La storia rivela che Leatherface (Bill Johnson, che sostituisce Gunnar Hansen) ha una famiglia e ha trascorso gli ultimi 13 anni in giro per il Texas. Il capo del clan è Drayton Sawyer (Jim Siedow) ed è un maestro nel preparare il chili con… beh, considerate il titolo del franchise quando cercate di capirlo. Sebbene uno dei fratelli sia stato ucciso alla fine del film originale, è stato sostituito dal maniacale Chop-Top (Bill Moseley), che ha una placca di metallo in testa.  Naturalmente, il nonno (Ken Evert) è ancora vivo.  Ha più di cento anni, ma si diverte ancora a cercare di brandire un martello.
Entra in gioco anche Lefty Enright (Dennis Hooper), l’ex ranger texano ossessionato dall’idea di trovare gli psicotici assassini che hanno ucciso i figli di suo fratello.
Nel frattempo, una tosta disc jockey (Caroline Williams) ha registrato i criminali nell’atto di fare a pezzi una coppia di ragazzini. Quando la ragazza si offre volontaria per aiutare, Lefty la convince a mandare in onda il nastro per attirare i maniaci fuori dal loro nascondiglio.

Nonostante le risate e le battute, questo è un film horror cupo, implacabile, che ti spacca la testa con un martello. Quando Stretch finisce nel parco divertimenti sotterraneo della famiglia Sawyer, “Texas Battle Land”, pieno di cadaveri, il film si abbandona completamente allo stato mentale squilibrato della famiglia. Se pensavate che le creazioni scheletriche di Robert Burns nel primo film fossero elaborate, aspettate di vedere la loro nuova casa. Lo scenografo questa volta è Cary White e ha creato un labirinto di tunnel sotterranei ammuffiti riempiti con tutti i tipi di mobili in osso, parti del corpo e scheletri che la famiglia mette in posa in scene umoristiche (una visita alla spiaggia, Slim Pickens che cavalca la bomba in Dr. Strangelove).

“Texas Chainsaw Massacre 2” inserisce sottili commenti satirici su tutto: le megacorporazioni, un grande insieme di aziende sotto il controllo di un’unica società madre, hanno iniziato a spuntare in massa sotto la presidenza di Ronald Reagan. La famiglia Sawyer era già impoverita a causa della recessione degli anni ’70, ma a metà del secondo mandato di Reagan, le piccole imprese come quella di Drayton sono state acquistate da grandi aziende o costrette a chiudere perché nuove imprese, meglio finanziate, hanno diminuito la necessità di un negozio locale. Periodicamente, Drayton si lamenta della sua sfortunata situazione finanziaria di piccolo imprenditore in un’economia sempre più ipercapitalistica.

Tuttavia, sceglie di parlarne quando si trova in situazioni oggettivamente più pericolose per la sua vita: nonostante sia in pericolo di vita, Drayton è più concentrato sull’instabilità economica in cui è perennemente costretto e che porta la sua famiglia a dipendere da altri esseri umani come sostentamento.

“TCM 2” è, a tutti gli effetti, un prodotto dell’epoca in cui è stato realizzato: negli anni ’80 gli americani hanno ampiamente incarnato il motto “bigger is better”. Era quindi un’epoca di grandi auto, grandi case, molta tecnologia e grandi spese. I film horror di quell’epoca risposero abbastanza bene all’aspetto “bigger is better” degli anni ’80, aumentando la quantità di gore e nudità sullo schermo.

Forse non ha molto in comune con il suo predecessore, almeno dal punto di vista tonale, ma “TCM 2” funziona perché è completamente originale. Non si sa mai da un minuto all’altro dove si andrà a parare, e questa imprevedibilità ci tiene col fiato sospeso per ogni singolo secondo.

Martin Quatermass


Focus :L’horror di Tobe Hooper

Non si parla mai abbastanza di Tobe Hooper. Tobe Hooper che ha creato uno dei cult indiscussi del cinema horror (e slasher) che ancora genera sequel, reboot e quant’altro. Ovviamente mi riferisco a The Texas Chainsaw Massacre, Non aprite quella porta,  forse una delle poche volte che un titolo tradotto in italiano ha la stessa forza del titolo originale.

Ma Tobe Hooper non ha fatto solo “Non aprite quella porta”.

 È un regista di tutto rispetto, un icona del cinema horror anni 80 in egual modo ad altri.

Lo ricordiamo nel giorno del suo compleanno e, a quasi 6 anni dalla scomparsa, in questo articolo con una panoramica della sua carriera.

 Un piccolo tributo doveroso.

Oltre al già citato Non aprite quella porta,  suo debutto ufficiale, abbiamo diversi altri titoli gustosi.

 Nel 1976 arriva Quel motel vicino alla palude, che vede tra gli interpreti un giovane Robert Englund. Anche qui Hooper si gioca la carta della “storia vera”. Se Non aprite quella porta era ispirato alle gesta di Ed Gein, Quel motel vicino alla palude è liberamente ispirato ad un tizio che possedeva un locale con alligatore come attrazione. Il tizio però pare fosse anche un serial killer di donne.

Tra le cose più belle di Hooper si annovera anche la miniserie TV basata sul romanzo di Stephen King, Le notti di Salem.  In questo caso abbiamo a che fare con un vampiro che, trasferitosi in una cittadina rurale, mieterà vittime per soddisfare la sua sete.

 Sì continua con lo slasher Il tunnel dell’orrore (1981).  Qui Tobe Hooper fa un ottimo lavoro con uno slasher basico, ma che ha carattere. Hooper userà alcuni degli effetti del film per il videoclip di Billy Idol che girerà tempo dopo.

 Nel 1982 esce Poltergeist, collaborazione con Steven Spielberg che ha scritto storia e sceneggiatura. Ad Hooper Spielberg aveva proposto E.T in precedenza*,* ma poi andò a finire con Poltergeist.

 Dopo Space Vampires e Invaders from Mars,  rispettivamente dell 85 e 86, Tobe Hooper dirige Non aprite quella porta 2, sequel con uno spirito molto diverso dal primo film.

 A fine anno 80 (1989) Hooper dirige I figli del fuoco. Un uomo (Brad Dourif) scopre di avere dei poteri ereditati dai genitori che sono stati esposti a radiazioni prima della sua nascita.

 Dopo questo, e alcuni episodi di serie TV, passiamo direttamente al 1993 con Night Terrors,  film a mio avviso interessante solo per la presenza di Robert Englund.

 Abbiamo però Body bags,  il clamoroso antologico dove Hooper dirige il segmento con protagonista Mark Hamill nel roulo di un giocatore di baseball che perde un occhio in un incidente stradale. L’occhio verrà rimpiazzato ma l’uomo inizierà ad entrare in un incubo.

 Il film è un gioiellino degli anni 90 assolutamente consigliato!

 Passiamo poi al 1995 con The mangler – La macchina infernale, adattamento di un racconto di Stephen King con di nuovo il buon Robert Englund nella, parte del cattivo.

 Seguono poi diversi episodi di serie TV e si va dritti a dopo il 2000 con

La casa dei massacri (2004). Il film è un mix tra thriller e horror.

 Citiamo, prima di terminare, i due episodi contenuti nella serie Masters of Horror datati 2005/2006 e il film minore Il custode del 2005.

 L’ultimo film di Tobe Hooper e Djinn del 2013 anch’esso non troppo amato.

Una carriera con alti e bassi sicuramente. Questo però non toglie il fatto che Tobe Hooper ha dato il suo contributo al cinema horror, soprattutto della vecchia scuola, ritagliandosi un posto tra le icone del periodo.

The crystal lake girl


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