Reazione a catena (1971) – 50 anni fa Mario Bava inventava un nuovo genere

Parlare di Mario Bava per me è sempre un’immensa goduria, starei qui a ore e scrivere del cinema del grande maestro.
Con questo articolo mi voglio soffermare su un film che ha rivoluzionato il modo di fare cinema horror. Sto parlando ovviamente di “Reazione a catena” (“A bay of blood”), uscito nel dicembre del 1971. Prima di arrivare a quello definitivo, durante la stesura della sceneggiatura del film, erano stati presi via via in considerazione diversi titoli da “Così impararono a fare i cattivi” ad “Antefatto” fino a giungere al titolo definitivo “Reazione a catena” anche se il produttore Giuseppe Zaccariello avrebbe preferito “Ecologia del delitto” che, a mio parere, rendeva bene l’idea geniale che si cela dietro a questa pellicola.
“Reazione a catena” è stato un film rivoluzionario per l’horror, uno di quei film che hanno posto le basi per lo sviluppo del genere.
Mario Bava aveva comunque lasciato il segno anche con altre pellicole precedenti a questa come ad esempio “Sei donne per l’assassino” del 1964, un film che racconta di un assassino che uccide belle donne che frequentano una boutique. In questo film sono presenti alcuni stilemi che verranno ripresi in seguito da altri registi. Ad esempio, ritroveremo l’assassino con i guanti in pelle nera in molti film di Dario Argento, così come una vittima che viene ustionata al volto con acqua bollente. Una delle vittime viene inoltre assassinata con una specie di guanto con artigli al posto delle dita (eh? Chi ha detto Freddy Kruger?).

Quando si parla di “Reazione a catena” ci rendiamo conto che ci troviamo davanti al prototipo dello slasher, un film che ha ispirato molte pellicole nei decenni successivi, basta pensare a “Black Christmas” (1974) di Bob Clark, “Halloween (1978) di John Carpenter o ai primi due capitoli della saga di “Venerdì 13”.
Il film fu girato da Mario Bava in totale libertà, il produttore Giuseppe Zaccariello gli diede carta bianca per quanto riguarda la sceneggiatura che verrà scritta dallo stesso Bava insieme a Roberto Leoni dopo che la coppia di sceneggiatori Franco Barbieri e Dardano Sacchetti fu licenziata.
Da questo punto in poi potrebbe essere presente qualche spoiler (cercherò ovviamente di limitarmi) ma, poiché il film è datato, se non l’avete visto è una grave mancanza, soprattutto se vi dichiarate fans dell’horror.

La magnificenza con cui si apre il film la si nota subito da quel taglio gotico che da sempre contraddistingue lo stile registico e fotografico del cinema di Mario Bava con quel taglio di luci meraviglioso.
“Reazione a catena” parte subito con il botto con un’anziana signora in carrozzina proprietaria della baia dove si svolge la storia che viene strangolata e, subito dopo, l’assassino viene a sua volta ucciso a pugnalate da una misteriosa figura. Questo duplice omicidio darà il via ad una giostra d’interessi legati ad una lucrosa speculazione edilizia sulla baia.
A farne le spese saranno, tra gli altri, un gruppo di turisti che una mano ignota elimina nelle maniere più efferate possibili, ed è solo l’inizio della storia che porterà ad un finale pazzesco. Memorabile la scena dell’omicidio della coppia che viene uccisa a letto mentre sta facendo sesso (i due vengono trafitti entrambi da una lancia). Questa scena verrà, tra l’altro, copiata spudoratamente in “Venerdì 13 – L’assassino ti siede accanto”, roba veramente da denuncia.

Se masticate un po’ di horror questa scena vi ricorderà qualcosa...


Nel cast troviamo molti nomi interessanti: Claudio Camaso (fratello del grande Gian Maria Volontè), la compianta Laura Betti (grande amica di Mario Bava), Luigi Pistilli, Claudine Auger e Chris Avram.

É davvero molto triste constatare come la rivalutazione postuma del maestro sia avvenuta grazie all’amore sconfinato nei confronti di Mario Bava da parte di alcuni importanti registi stranieri come Joe Dante, Quentin Tarantino, Tim Burton e Martin Scorsese. Quest’ultimo, tra l’altro, aveva inserito tra i suoi film preferiti di sempre “La frusta e il corpo” (1963).
Anche la prestigiosa rivista cinematografica francese “Cahiers du cinèma” si accorse del valore del regista e investì Mario Bava della carica di “auteur” già dal suo esordio con il capolavoro “la maschera del demonio” del 1960.
La dimostrazione poi di quanto tutto questo sia vero è oggi testimoniabile in quanto molti film sono usciti negli ultimi anni in home video in meravigliose edizioni in HD come se fosse stato scelto di riparare al silenzio degli ultimi decenni, decenni in cui le maestose opere del maestro furono trattate con criminosa sufficienza. Viene da domandarsi cosa sarebbe successo senza le dichiarazioni dei sopracitati registi
Mi dà ancora più fastidio leggere tutt’oggi di gente che si proclama esperta di cinema di genere e che considera come capostipite dello slasher “Halloween” di John Carpenter. Senza ombra di dubbio il film di John Carpenter che, ricordiamoci, ha avuto la fortuna di disporre di un budget più elevato e, forse, sotto certi aspetti, è anche più bello ma se si parla d’ispirazione è inutile girarci intorno, si torna sempre da Mario Bava, come nei casi citati ad inizio articolo.

Ad oggi “Reazione a catena” rimane uno dei più grandi capolavori horror/thriller italiani: ricco di suspense, splatter, intrighi, cinismo e una buona recitazione.

Concludo dicendovi che se amate il grande cinema e in particolare l’horror e avete sempre snobbato il grande maestro Mario Bava dovete fare un grande mea culpa e recuperare tutta la sua filmografia da “La maschera del demonio” del 1960 a “Shock” del 1977, poiché Mario bava è stato un grande in tutti i generi che ha esplorato. Fatto questo vi si aprirà davanti un mondo.
Pensate solo al fatto che il film “I tre volti della paura” del 1963 nella versione inglese portava il titolo di “Black Sabbath”. Tony Iommi il leader della band omonima ha sempre dichiarato di aver dato il nome al gruppo dopo aver visto il film di Mario Bava traendo spunto dal film anche per la splendida omonima canzone.

Dani Ironfist