Brood – La covata malefica (1979)

Articolo a cura di Dani Ironfist

BROOD – LA COVATA MALEFICA

Il 1979 è un anno di grandi impegni per il nostro David Cronenberg, a distanza di un paio di anni da “Rabid – Sete di sangue” e dopo la parentesi automobilistica di “Veloci del mestiere” (1979), Cronenberg torna all’horror con un film decisamente più vicino ai suoi canoni.

Sono pochi i registi che nel corso della loro carriera sono riusciti a rivoluzionare il loro modo di concepire la settima arte, David Cronenberg è uno di questi e con “Brood” siamo di fronte a un film che segnerà per certi versi tutta la sua carriera a venire coniando per la prima volta il termine “body horror”.

Nel periodo pre-produzione il nostro amato regista canadese era in conflitto con la sua ex moglie per la custodia della figlia, questo travaglio ha influenzato molto sulla stesura della sceneggiatura del film tant’è che Cronenberg ha sempre dichiarato che “Brood” è per certi versi un film autobiografico.

Per “Brood” finalmente David Cronenberg può contare su un budget più corposo rispetto ai precedenti film e questo gli consentirà di assoldare per il film due attori di rilievo, Oliver Reed e Samantha Eggar, quest’ultima ha definito questa sua esperienza come la più strana della sua carriera.

Per rendere i dialoghi più realistici Cronenberg ha inserito alcune battute estratte dai molti colloqui/scontri avuti con la ex-moglie. In “Brood” viene raccontato un conflitto famigliare con un utilizzo di immagini cruente unico per il periodo in cui il film è uscito. A dire il vero nella parte iniziale del film si vedranno solo piccole ferite, bambini mutati e un tumore linfatico ma si raggiungerà l’apice nel climax finale, quando Frank affronterà Nola.

La vena creativa e sanguinolenta avrà, quindi, in “Brood” il suo apice in un finale devastante per la sua crudezza e per il ribrezzo che provoca nello spettatore, un colpo di scena difficile da dimenticare per come il nostro mette il tutto in scena. Questo exploit finale sarà ripreso in parte da due grandi autori fin troppo sottovalutati: la mitica coppia Stuart Gordon/Brian Yuzna.

Nonostante il film risulti cruento e avvincente si colloca in una posizione transitoria nella carriera di David Cronenberg che avrà il suo apice visionario pochi anni dopo con il suo capolavoro indiscusso “Videodrome”.

“Brood” è una storia posta su più livelli, basata sul Somafree Institute of Psychoplasmics , in cui ai pazienti viene insegnato a esternare i traumi emotivi, ciò che lo scienziato Dr Raglan (interpretato da Oliver Reed) definisce “la forma della rabbia”. Nel bel mezzo di questo, un padre combatte per salvare sua figlia dalla moglie separata.

Nella vita reale, come avevo scritto in precedenza Cronenberg era stato costretto a “rapire” sua figlia quando sua moglie aveva annunciato che avrebbe portato la figlia a vivere in una comunità religiosa californiana.

Come Cronenberg nella vita reale anche Art Hindle si sforza di salvare sua figlia da Samantha Eggar, che ha esternato la sua rabbia creando “bambini mutati della covata” psicopatici. David Cronenberg, in seguito avrebbe affermato che “Brood” non è altro che la sua versione di “Kramer vs. Kramer”, il dramma sul divorzio vincitore di Oscar uscito lo stesso anno.

“Brood” non fu accolto molto bene da critica e pubblico ai tempi della sua uscita ma penso che sia giusto fare un piccolo appunto. Anche se preso come un film a sé stesso “Brood” è un horror efficace, inquietante e agghiacciante con un climax finale tra i più memorabili della storia di questo genere, se David Cronenberg non fosse andato avanti da allora con con questa sua incredibile capacità creativa probabilmente oggi questo sarebbe un film dimenticato.

Con “Brood” David Cronenberg inizia infatti a sperimentare quello che diventerà il suo tema più ricorrente, la carne con le sue mutazioni che in questo film già inizia a prendere forme adulte, raggiungendo la sua massima espressione nei successivi film. Un’ottima sceneggiatura, scritta a piene mani da David Cronenberg, descrive in pieno tutto il disagio e l’inquietudine di vivere dei protagonisti che innescano una rabbia repressa che porta alla violenza verso sé stessi e gli altri. Come anche nei precedenti film, fotografia e scenari invernali contribuiscono a creare quell’atmosfera gelida come l’animo dei personaggi, atmosfera che poi ritroveremo anche in “Crash”.

Con questo film nascerà anche la collaborazione con Howard Shore, autore della colonna sonora che, ad eccezione del film “La zona morta”, sarà presente con la sua musica in tutti i film a venire del maestro canadese.

In conclusione, nonostante qualche difetto “Brood” è un film da vedere e rivedere per capire quanto David Cronenberg fosse già un passo avanti rispetto a molti suoi colleghi del periodo.

Curiosità: Durante le riprese l’attore Oliver Reed fu arrestato a causa di una scommessa che obbligava a camminare da un bar all’altro completamente nudo atto a sfidare il freddo pungente.

Il trailer americano del film fu realizzato da Joe Dante.

Il film in Italia è stato distribuito nelle sale il 4 giugno 1980 ma la prima proiezione avvenne in anteprima a Pesaro nel mese di marzo.


In questo sito tutto quello che riguarda il cinema e le serie tv è scritto e raccontato con professionalità e tanta passione. Se ti piace il nostro modo di fare unisciti agli amici di Beyond the Horror. Il tuo supporto è molto importante per aiutarci a crescere.

© Beyond the Horror Blog 2023

Crash (1996)

Articolo a cura di Dani Ironfist

CRASH (1996)

Quando si parla di David Cronenberg per me è sempre una goduria immensa, immaginate poi dopo aver rivisto questo capolavoro in sala, questa volta con un valore aggiunto, ovvero, in lingua originale.

Dopo il drammatico “M. Butterfly” del 1993, passano sei anni e David Cronenberg torna alla regia con uno dei suoi film più controversi e ispirato al romanzo omonimo del 1973 di James Graham Ballard.

Tutti i film del maestro canadese hanno una sola cosa in comune, quella di essere unici ma di certo questa non è l’unica dote che Cronenberg ha conservato per tutta la sua carriera. Ogni suo film riesce sempre a devastarmi al mio interno come un martello pneumatico e questo succede ad ogni dannata visione di un suo lungometraggio, figuriamoci poi con un film come “Crash” dove morte e sesso si fondono in un connubio devastante.

Il fatto di essere unico nel suo modo di concepire l’arte cinematografica non poteva che portarlo in trionfo al festival di Cannes nel 1996, dove “Crash” fu presentato in concorso e premiato con il premio della giuria mettendo a disagio la platea durante la proiezione.

Un’atmosfera fredda fa da cornice alle vicissitudini dei coniughi Ballard, interpretati da James Spader e Deborah Unger, che vivono in periferia di una moderna metropoli, entrambi hanno esperienze extraconiugali che si raccontano l’un l’altra senza nessun tipo di remora. James, a causa di una distrazione, rimane coinvolto in un terribile frontale che provocherà la morte del guidatore dell’auto proveniente dalla parte opposta. Negli attimi successivi, mentre sono entrambi incastrati e sotto shock negli abitacoli delle rispettive auto distrutte, James incrocia lo sguardo di Helen, moglie della vittima. Questo è solo l’inizio di un’odissea che vedrà coinvolti i due coniugi in un giro di sesso, depravazione e incidenti stradali.

Si possono trovare in “Crash” molti punti in comune con un altro capolavoro del maestro canadese, quel “Videodrome” dove il protagonista Max Renn (interpretato da James Woods) è costantemente alla ricerca di nuovi stimoli sessuali devoti alla nuova carne, stimoli che in “Crash” sono rappresentati dall’attrazione che i nostri protagonisti provano verso le cicatrici provocate dagli incidenti stradali. La differenza, che contraddistingue i personaggi di “Crash” da Max Renn, sta nel fatto che in questo film i nostri sono depressi, annoiati e sempre alla ricerca di stimoli ed esperienze sempre più intense tra orgasmi e schianti con le loro automobili.

Emblematica è la scena iniziale dove vediamo Catherine Ballard piegata su un aereo intenta ad accarezzarne la superfice metallica fino a quando un uomo l’afferra da dietro ed iniziano un amplesso, tutta via la telecamera non si sposta mai verso l’uomo ma rimane su Catherine e l’aereo preparandoci a ciò che avverrà dopo.

Nonostante non sia molto diverso da altri film dove i protagonisti trovano eccitazione nella loro autodistruzione, in “Crash” c’è anche un significato profondo. David Cronenberg mette in scena un’allegoria sul mondo delle auto, che in origine nel romanzo di J.G. Ballard simboleggiavano la modernità degli anni 70, mentre in “Crash” le persone abbracciano la tecnologia al tal punto di mescolarsi l’una con l’altra. In parole povere, gli uomini diventano macchine e le macchine si sessualizzano diventando portatori di erotismo.

Eccezionali, inoltre, il personaggio interpretato da Rosanna Arquette (Gabrielle), una ragazza vittima di un incidente stradale che l’ha costretta a convivere con due protesi d’acciaio esterne. Con la sua sensualità farà girare la testa a tutti (spettatore compreso), altra scena indimenticabile è quella che vede protagonista Gabrielle in un salone di vendita automobili con James attratto dalle ferite sulle gambe di Gabrielle e il venditore in evidente affanno.

Prima di Gabrielle però faremo la conoscenza di Vaughan (interpretato da Elias Koteas) e la sua malsana idea di ricostruire gli incidenti mortali che hanno visto coinvolti attori e personaggi famosi di Hollywood, ad esempio vedremo la ricostruzione dell’incidente stradale dove perse la vita James Dean.

Vaughan è un personaggio inquietante che trova una morbosa attrazione nel fotografare gli incidenti stradali e i corpi mutilati e devastati delle vittime, un personaggio che a causa della sua parafilia nei confronti degli incidenti stradali vive la sua vita ai confini della legalità.

La parafilia, in particolare la sinforofilia, accumuna un po’ tutti i personaggi del film, esattamente come li descriveva J.G Ballard nel suo omonimo romanzo, con la regia di David Cronenberg che mette in risalto questa deviazione malata dei personaggi al tal punto di scuotere lo spettatore e metterlo in difficoltà se la visione del film avviene in pubblico.

“Crash” suscitò molto scalpore alla sua uscita tant’è che fu bandito nel regno unito e trasmesso poi qualche anno dopo dalla BBC con il ranking +18.

David Cronenberg non si limita a tutto questo, le scene degli incidenti stradali non sono girate con la tecnica del rallentatore ma sono rapide e brutali al tal punto che agli occhi dello spettatore risultano quasi reali dando la sensazione di trovarsi sul posto. E qui sta la grandezza di David Cronenberg, riesce a devastarti all’interno come pochi.

Un film incredibile che non porta i segni nel tempo grazie alla sua atmosfera fredda e alla fotografia cupa come le terre del Canada dove il film è stato girato, con tutti gli attori in parte. Uno dei pochi film dove tutti gli attori sono calati perfettamente nelle loro parti.

“Crash” vanta anche una meravigliosa colonna sonora composta Howard Shore che crea le giuste atmosfere durante tutto il film.

L’unica cosa che forse si potrebbe criticare a questo film è l’eccessiva lunghezza delle scene di sesso ma questo è un fattore opinabile che va in base alla soggettività dello spettatore.

Quando vidi per la prima volta “Crash” al cinema mi gelò il sangue con la sala piena che a fine film sussurrava qualche “buu”, qui probabilmente entrano in ballo gli spettatori occasionali che molto probabilmente non conoscevano per niente il cinema di David Cronenberg (o al massimo “La mosca”, forse il film il più commerciale di David Cronenberg) e si son trovati davanti a un film glaciale, morboso e inquietante che, più che allo stomaco, colpisce alla testa dello spettatore con il resto della sala (compreso il sottoscritto) immobile e incredulo fino alla fine dei titoli di coda.

Chiudiamo la prima puntata di #tantavogliadicronenberg con una dichiarazione di J.G. Ballards a Cannes durante la presentazione di “Crash”:

«Ho dichiarato che il film di Cronenberg cominciava là dove il mio romanzo finisce, dal momento che nel mio libro io tento di alleviare il lettore dell’apparente logica da incubo che sostiene Crash. Tento di persuaderlo che il personaggio del narratore, che porta il mio nome, è attirato malgrado lui nel mondo di Vaughan, questo scienziato teppista. Nel film di Cronenberg, al contrario, i personaggi accettano questo universo dall’inizio. Ciò che rimane latente nel romanzo diventa manifesto nel film.»


In questo sito tutto quello che riguarda il cinema e le serie tv è scritto e raccontato con professionalità e tanta passione. Se ti piace il nostro modo fare entra a far parte degli amici di Beyond the Horror.

© Beyond the Horror Blog 2023

The barn (2016)

Articolo a cura di Dani Ironfist

THE BARN (2016)

“The Barn” è uno slasher movie prodotto, scritto e diretto da Justin M. Seaman, ambientato durante il periodo di Halloween che in poco meno di 90 minuti ci regala tanto divertimento e orrore.

I primi minuti del film sono ambientati durante la sera di Halloween nel 1959 e ci introducono nella storia del film: due ragazzini nonostante gli avvisi del parroco si recano verso un fienile custodito da tre demoni. A loro spese impareranno che la leggenda del fienile ha radici molto vicine alla realtà.

Dopo questa breve introduzione, un balzo temporale ci porta al 1989 dove un gruppo di ragazzi che si sta dirigendo verso un concerto rock la sera di Halloween, per accorciare i tempi, prende una strada secondaria che li porterà dritti verso il fienile maledetto.

Justin M. Seaman mette in scena un film dal sapore vintage rievocando quell’atmosfera di halloween che molti di noi grandicelli abbiamo vissuto negli anni ‘80/’90 (grazie anche ai film di John Carpenter, Rick Rosenthal e Tommy Lee Wallace) dimostrando un grande talento al suo primo lungometraggio.

Quello che mi ha colpito maggiormente del film è l’alchimia che unisce tutti gli attori, perfetti in ogni ruolo. Mitchel Musolino e Will Stout fantastici nei ruoli di Sam e Josh, due grandi amici ma divisi sulla visione della vita, Sam non vorrebbe mai crescere per la magia che Halloween gli trasmette mentre John cerca di sforzarsi a comportarsi da adulto. Bravissima Lexi Dripps nel ruolo di Michelle, un personaggio semplice ma che diventerà con il passare del tempo fondamentale per lo sviluppo della trama.

Oltre a questo manipolo di giovani attori “The Barn” vanta due presenze illustri come Ari Lehman (aveva interpretato il giovane Jason nel primo capitolo di “Venerdì 13”), qui in un cameo nel ruolo di un dj (Dr. Rock) e una delle scream queens per eccellenza, ovvero Linnea Quigley (“Il ritorno dei morti viventi” e “La notte dei demoni”) nel ruolo dell’antipatica signora Barnhart.

C’è un certo fascino nei personaggi e, nel loro umorismo, ricordano vagamente i protagonisti di “Dimensione terrore” e altri film di quel periodo, tra l’altro il cameo di Ari Lehman può fa saltare alla memoria di molti i due cameo di Ozzy Osbourne e Gene Simmons in “Morte a 33 giri”.

La fotografia curata da Zane Hershberger ha quel tocco granuloso che ti lascia la sensazione di vedere il film tramite una vecchia vhs mentre la colonna sonora curata da Rocky Grey sprigiona tonnellate di metallo in stile anni ’80 procurando allo spettatore sensazioni positive ed inserite perfettamente nel contesto del film.

Per gran parte “The barn” è un film divertente grazie anche agli effetti speciali decisamente retrò, che, nonostante il basso budget, sono ottimi e ben curati con scene in cui vedremo arti squartati, occhi fuori dalle orbite e sangue a volontà, scene che, in alcuni frangenti, ricordano “Halloween III”.

Spettacolare in questo caso la mattanza che viene messa in atto durante il concerto rock, una cosa così folle e divertente non la vedevo da tempo.

Justin M. Seaman riesce a creare anche la giusta dose di tensione che cresce, soprattutto nella seconda parte del film e, nonostante il film sia volutamente un chiaro omaggio ad un certo tipo di cinema anni ’80 come va in voga in questo ultimo periodo, ho trovato “The Barn” un film che mi ha sorpreso molto per la genuinità e la cura con cui è stato realizzato senza necessariamente scopiazzare in qua e là dai film sopracitati.

Se avete adorato il recente film di Ti West, “X – A sexy horror story” gettatevi a capofitto nella visione di questo film, “The barn” è un film che omaggia gli anni ’80 con qualche idea geniale e che vi farà divertire e in alcuni casi saltare dalla sedia, il tutto tra umorismo, sangue e tonnellate di heavy metal.

Il film è disponibile sulla piattaforma streaming HOD TV. Vi ricordiamo che è possibile provare il mese gratuito al seguente link e poi nel caso abbonarvi scegliendo il piano mensile o annuale. HOD TV vanta un vastissimo catalogo di film horror e thriller indipendenti.


Noi rispettiamo i nostri followers e crediamo che amare il cinema sia anche un ottimo modo per divulgare la cultura e i valori della settima arte. Se ti piace il nostro lavoro unisciti agli amici di Beyond the Horror. Il tuo supporto è molto importante per aiutarci a migliorare e crescere.

Possessor (2020)

Articolo a cura di Dani Ironfist

POSSESSOR (2020)

Mi viene da dire, “Buon sangue non mente”. So che è una frase banale in questo contesto ma il secondo lungometraggio di Brandon Cronenberg (figlio del maestro del body horror, David Cronenberg) è di quanto più sorprendente si possa immaginare.

Il fatto di essere stato negli ultimi anni al fianco del padre ha fatto maturare in Brandon quella consapevolezza che lo ha reso in grado di realizzare un film che in parte riprende sì la filosofia e gli stilemi del padre ma che poi, come vedremo, prende una strada tutta sua.

In un terrificante futuro Tasya (interpretata magistralmente da Andrea Riseborough) fa parte di un’organizzazione che consente alle persone di impossessarsi di un altro corpo per commettere omicidi. A causa di complicazioni le cose non vanno come previsto e Tasya si ritroverà intrappolata nella mente di un uomo.

Brandon Cronenberg aveva già dato segnali promettenti con il suo primo lungometraggio del 2012, “Antiviral”. Con “Possessor” mette in risalto tutto il suo potenziale e l’esperienza accumulata nel corso degli anni. Questo non vuol dire che il film sia debitore del padre, anzi! Brandon mette in scena un film eccezionale diviso in tre parti, la prima in cui facciamo la conoscenza di questa società segreta, una parte centrale dove l’approfondimento dei personaggi principali sarà fondamentale per la parte finale del film.

“Possessor” è ricco di dettagli cupi e affascinanti di alta fantascienza e permette allo spettatore di esplorare una serie di situazioni provocatorie, dallo spionaggio alla sessualità, dalla corruzione all’abuso della tecnologia.

Ci sono inevitabilmente anche alcuni aspetti in comune con il cinema del padre, come ad esempio alcune scene di ottimo body horror. La violenza in “Possessor” è incredibilmente viscerale e ci regala delle sequenze spaventose come non si vedevano da un po’ di tempo con una fotografia fredda e cupa e con tagli di luci che creano un’atmosfera lugubre e angosciante con immagini psichedeliche. A tutto questo si aggiunge un maggior controllo della regia che rispetto al suo esordio raggiunge vette estetiche da far scoppiare la testa.

Il montaggio notevole e a tratti geniale rende il film scorrevole e senza cadute di tono, con gli effetti speciali di Dan Martin che rendono la violenza del film quasi reale con momenti che faranno tentennare anche chi è abituato a film più estremi con bulbi oculari scavati, vene tagliate e corpi massacrati.

Questi spettacolari effetti speciali sono frutto di uno straordinario lavoro di design.

Brandon Cronenberg mette in scena uno sci fi/horror intriso di originalità e ambizione, intelligente, violento e folle dall’inizio alle fine, uno dei film più emozionati e mozzafiato usciti negli ultimi anni e, nonostante qua e là echeggia l’ombra di David Cronenberg, Brandon lascia intendere di volersi lasciare presto alle spalle il peso del cognome che porta e di voler prendere una strada tutta sua. Il talento e le capacità ci sono tutte considerando che, a mio parere, “Possessor” è nettamente superiore alle ultime produzioni del padre, ovviamente, “Crimes of the future” permettendo.

Nel cast oltre ad Andrea Riseborough troviamo Christopher Abboth, Sean Bean e Jennifer Jason Leigh.

In attesa della sua uscita per il mercato home video, “Possessor” è disponibile in Italia sulla piattaforma streaming Prime video con doppiaggio in italiano.

Non fatevi scappare questa occasione, “Possessor” è un film che vi rimarrà nel cuore e che ha già lasciato il segno nella, per ora, breve carriera di Brandon Cronenberg un regista di cui sentiremo molto parlare nei prossimi anni.


Noi rispettiamo i nostri followers e crediamo che amare il cinema sia anche un ottimo modo per divulgare la cultura e i valori della settima arte. Se ti piace il nostro lavoro entra a far parte degli amici di Beyond the Horror. Il tuo supporto è molto importante per aiutarci a migliorare e crescere.