Occhiali neri (2022)

Articolo a cura di Dani Ironfist

OCCHIALI NERI (2022)

Diciamo le cose come stanno, quando trapela la notizia di un nuovo film di Dario Argento tutti gli appassionati del cinema horror e thriller hanno da sempre un minimo di sussulto e non nascondete questo fatto perché non vi crede nessuno.

Vuoi perché Dario Argento nel bene o nel male è stata la musa per molti di noi, quel regista che con le sue opere ha fatto avvicinare molte persone (soprattutto della mia età) ad un certo tipo di cinema, vuoi perché nonostante alti e bassi negli ultimi 30 anni ha comunque fatto conoscere il cinema horror italiano in tutto il mondo.

Mi sono avvicinato ad “Occhiali neri” con le giuste attese, anche perché non sapevo proprio cosa aspettarmi dopo i tonfi di “Giallo” e “Dracula 3D”. Oltre a questo, va aggiunto un lungo silenzio durato ben 10 anni.

La sceneggiatura è stata scritta dallo stesso Dario Argento insieme a Franco Ferrini agli inizi degli anni 2000, il progetto poi fu accantonato a causa del fallimento della casa di distribuzione con cui avevano preso accordi, la sceneggiatura è stata ritrovata dalla figlia Asia, qui in veste di attrice e produttrice.

Sinossi: Nella città di Roma alcune escort vengono brutalmente uccise da un serial killer. Anche Diana viene presa di mira dal killer ma riesce a sfuggirgli. Durante la fuga resta però vittima di un terribile incidente che le causerà la perdita della vista. Il killer non sia arrende e non smette di perseguitarla così Diana con l’aiuto del piccolo Chin e del suo cane guida Nerea dovrà lottare, nonostante la sua cecità, per non cadere vittima del maniaco.

Dario Argento aveva già affrontato in passato il tema della cecità con alcuni personaggi, è il caso di Franco Amò nel film “Il gatto a nove code” e interpretato da Karl Malden oppure di Daniel, il pianista cieco in “Suspiria” interpretato da Flavio Bucci e ribaltando poi il tutto in “Opera” dove l’occhio era costretto sotto tortura a vedere ogni cosa che accadeva.

Il film ambientato interamente a Roma, inizia tra le strade dell’EUR con l’eclisse totale di sole, un geniale presagio di quello che accadrà alla nostra protagonista, ed è in questi primi minuti che si vede il maestro dei bei tempi e in particolare quello degli anni 80. Durante tutta la durata del film, infatti, l’atmosfera è molto simile a quella di “Tenebre” con la sola differenza che il film con Antholny Franciosa e Giuliano Gemma era ambientato al 90% di giorno mentre, al contrario, “Occhiali neri” è quasi del tutto ambientato di notte.

Molto probabilmente il motivo per cui in tanti hanno storto il naso e bocciato il film è che si ha la sensazione che Dario Argento se ne sia beatamente fregato dei classici clichè del giallo all’italiana mostrando il volto dell’assassino già a metà film senza concentrarsi sull’atto dell’omicidio. Questo non deve essere per forza un difetto, per il semplice motivo che il film è narrativamente coerente e tutte le parti si incastrano ottimamente tra di loro.

Il contesto del giallo all’italiana è comunque presente nel film e si adatta perfettamente ai nostri tempi con la regia del maestro che, seppur non priva di difetti, riesce a creare la giusta atmosfera di tensione coadiuvata da una bellissima colonna sonora martellante e una fotografia cupa.

Di certo non mancano i difetti, ad esempio la recitazione non è proprio eccelsa ma sappiamo che la recitazione non è mai stato il punto forte del cinema argentiano. Questo secondo me è dovuto non solo ad una direzione attoriale poco professionale ma anche a una scelta degli attori non del tutto azzeccata. Ilenia Pastorelli, ad esempio, è un’attrice che, secondo me, è più adatta alle commedie che ai thriller. Paradossalmente, dal mio punto di vista, il film avrebbe funzionato di più, a parti invertite con Asia Argento nel ruolo della protagonista.

Concludendo, “Occhiali neri” per me è stata una bella sorpresa, un netto miglioramento rispetto a “Giallo” e “Dracula 3D”. Primi 15 minuti davvero fotonici che ricordano il miglior Dario Argento con alcune situazioni che mi hanno ricordato “Tenebre”.

Forse ci sono un po’ troppe auto citazioni e il film dura troppo poco ma nel complesso ho trovato “Occhiali neri” un film fatto più con il cuore che con la testa.

Molti storceranno il naso dopo aver letto questa recensione ma a noi non interessano né i commenti di chi deve per forza gettare merda su Dario Argento a prescindere né  i commenti da fanboy di chi deve per forza gridare al miracolo ad ogni suo film, il rispetto per un’artista come Dario Argento viene prima di tutto.

La cosa certa è che il maestro è tornato e siamo di fronte al miglior Dario Argento degli ultimi 20 anni.


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Moonfall (2022)

Articolo a cura di Dani Ironfist

MOONFALL (2022)

Sono sincero, Ronald Emmerich mi è sempre stato simpatico e nonostante alcuni scivoloni (per quanto mi riguarda il suo “Godzilla” è forse il peggior film dedicato al lucertolone giapponese e lo dico da super fan del mostro gigante) i suoi film mi sono sempre piaciuti, a partire da “Independence day”.

“Moonfall” (attualmente nelle sale italiane) non fa eccezione e presenta tutti gli stilemi classici dei disaster movie del regista tedesco. Troveremo infatti la classica famiglia che si riunisce durante l’imminente pericolo, l’eroe che si sacrifica per salvare l’umanità e via dicendo.

Questa volta però Ronald Emmerich punta più sull’azione che su eventi apocalittici (seppur presenti durante le due ore del film) con scene davvero spettacolari nello spazio.

Questa volta non ci sono alieni, glaciazioni o profezie ma sarà la Luna spinta fuori dalla sua orbita da una forza misteriosa rischiando di entrare in collisione con il pianeta terra e minacciare l’umanità.

Tre improbabili eroi poi si uniranno in una pericolosa missione per salvare il pianeta.

Dopo la pausa bellicosa di “Midway”, Emmerich mischia in “Moonfall” teorie complottistiche ed ansie gettando nel calderone diversi personaggi prima dell’entrata in scena di un giovane complottista che farà un grande scoperta al quale ovviamente all’inizio nessuno crede.

Ma come è possibile tutto questo? Se consideriamo il fatto che la Luna mai si schianterà sulla terra, poiché si allontana dal nostro pianeta di 4 cm ogni anno risulta il tutto praticamente impossibile. Sappiamo benissimo che a Ronald Emmerich della credibilità non frega una beata minchia e che i suoi disaster movie risultano delle grandi assurdità prendendosi maledettamente troppo sul serio. Questo alla fine non è un vero problema perché in un film non è necessario che tutto sia verosimile, soprattutto nella fantascienza. Il vero problema è che Ronald Emmerich strizza troppo l’occhio ai complottisti. Lascia intendere che chiunque con un PC e una connessione a internet possa arrivare facilmente alle stesse conclusioni di professionisti esperti e addirittura a smascherare vicende insabbiate dai potenti.

Arrivato a questo punto stento a capire se Ronald Emmerich sia davvero o no un complottista.

A parte questa parentesi “complottistica”, il film intrattiene e ti lascia ben saldato alla poltrona con lo sguardo rivolto allo schermo per le stupende immagini ambientate nello spazio.

Nel cast troviamo Patrick Wilson (il demonologo nella saga “The conjuring”) nel ruolo di Brian, l’astronauta protagonista del film, Helle Berry (Ororo nella saga “X-Man”) e John Bradley (Il trono di spade). Da segnalare anche un cameo di un irriconoscibile Donald Sutherland.

In definitiva che si aspetta da “Moonfall” un film innovativo o alla Spielberg come ho sentito dire in giro vada a cercare altrove, se invece avete amato i disaster movie del registra tedesco buttatevi a capofitto nella visione di questo film, sono poco più di due ore di puro intrattenimento e niente di più perché in tutta onestà io da Ronald Emmerich mi aspetto solo questo.

Dani Ironfist

Ennio (2021)

Articolo a cura di Dani Ironfist

ENNIO (2021)

Con il groppo in gola mia accingo a scrivere questa recensione, si perché dopo aver visto questo meraviglioso docufilm realizzato da Giuseppe Tornatore l’emozione è stata così tanta che me la porto dietro da giorni, a rincarare la dose poi c’è stata la rewatch di “C’era una volta il West”, l’immensa epopea western diretta dal grande Sergio Leone nel 1968.

Chi scrive è cresciuto con i film di Sergio Leone e mi ricordo ancora le corse per finire la cena alla svelta poiché i film in tv negli anni 80 iniziavano alle 20,30 e mio padre fino alle 20,00 non arrivava dal lavoro e così puntuale come un orologio svizzero al suo arrivo a casa l’esclamazione: “oh stasera c’è il film di Sergio Leone in televisione!”, e quando il film partiva la musica del maestro Ennio Morricone tuonava tra le nostre quattro mura.

La visione di questo docufilm è stata in un certo senso come rivivere quei momenti, momenti che grazie al connubio musica/film mi hanno fatto innamorare della settima aerte a tutti gli effetti.

“Ennio” è un film documentario sulla vita di Ennio Morricone, con lo stresso Ennio protagonista nel raccontare la sua vita (il film è stato realizzato qualche anno prima della sua scomparsa) dai primi passi nel mondo della musica come trombettista fino all’oscar del 2016 per il film di Quentin Tarantino, “The hateful hate”.

Durante il film ci sono interventi di vari artisti che hanno collaborato con il maestro sia nel campo musicale sia nel campo della settimana arte.

Sentiremo così interventi di Gianni Morandi (le musiche di alcuni suoi successi come “In ginocchio da te” sono state realizzate da Morricone) e altri suoi colleghi che criticavano la sua scelta di dedicarsi alle colonne sonore dei film, critiche che sono state prontamente smentite dal genio creativo del maestro cambiando così il coccetto di musica per film.

Si passa dalla prima parte dedicata alla musica leggera e classica per arrivare poi alla seconda e più ampia parte dedicata al cinema.

Ed è proprio da qui che mille emozioni si scatenato con le immagini dei film e la musica del maestro che si integra perfettamente con le immagini e ne amplifica le emozioni.

Dagli archivi Luce spuntano vecchie interviste tra cui anche il ricordo di Sergio Leone, uno dei registi italiani che adoro di più per aver realizzato delle opere monumentali e qui non possiamo non parlare del connubio musica/immagini. Tanta è la solennità e la profondità con la quale le musiche di Ennio Morricone accompagnano ogni singolo fotogramma che Sergio Leone ha realizzato nella sua, purtroppo, breve carriera.

C’è spazio anche per il racconto di Roland Joffé a riguardo la colonna sonora di “Mission” e la scandalosa notte degli Oscar del 1987 dove il premio per la miglior colonna sonora fu assegnato a Herbie Hancock con una colonna sonora “non originale” e con il maestro che lasciò la sala indignato tra i fischi del pubblico rivolti all’Accademy ed è meraviglioso sentire il maestro accennare alle sue musiche con la sua voce.

Ennio Morricone ricevette soltanto due oscar l’oscar: una alla carriera nel 2007 e l’altro nel 2016 per la colonna sonora di “The hateful eight”, un po’ troppo poco per un’artista del suo calibro, non credete?

Tra gli interventi degni di nota da segnalare anche quelli di Carlo Verdone, Giuseppe Tornatore e James Hetfield (da sempre i Metallica aprono i loro concerti con “The Ecstasy of gold”).

Ennio Morricone e Giuseppe Tornatore

In conclusione: “Ennio” è un documentario che trasuda emozioni forti e non tralascia nulla della lunga carriera di Morricone e in cui traspare il forte legame di amicizia che legava il maestro al regista Giuseppe Tornatore.

Chi ama la musica di Ennio Morricone e le colonne sonore non può e non deve perdersi questo film in sala, sarebbe un vero peccato non vederlo con il dolby surround delle sale sparato a tutto volume.


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